La retribuzione è importante ma…

Nonostante la retribuzione media cresca, i professionisti non la ritengono adeguata e le aziende mostrano pochi margini per aumenti salariali. Per questo, quasi quattro professionisti su dieci sono pronti a cambiare azienda

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Indagine Hays Italia su soddisfazione lavoratori e retribuzione

Nel 2023 il mercato del lavoro è stato dinamico, ma ha evidenziato luci e ombre, soprattutto in tema di retribuzione e carriera.

Le aziende hanno dovuto, infatti, superare l’ormai cronica carenza di candidati e di professionisti qualificati, che rende complesso il recruiting. È aumentata invece la soddisfazione dei lavoratori, ma sono ancora tanti gli “scontenti” della loro vita lavorativa, della situazione economica e della bassa prospettiva di carriera. Quindi, pronti a cambiare azienda (quasi quattro su dieci). Nella scelta di un nuovo lavoro, oltre allo stipendio si guarda anche alla crescita professionale, al work life balance e ai benefit.

Il lavoro agile, soprattutto l’ibrido, è una realtà consolidata, tanto che molti si licenzierebbero in caso venisse eliminato. Sull’intelligenza artificiale sono tanti i timori, ma le imprese e i lavoratori sono pronti ad accettare la sfida, soprattutto i più giovani. Per il 2024 crescono le aziende che intendono assumere e c’è l’intenzione di adeguare gli stipendi, anche se con un aumento contenuto. Sono alcuni dati emersi dalla Salary Guide 2024 di Hays Italia, condotta su un campione di 1.348 professionisti, prevalentemente middle e top management di 828 aziende.

Difficoltà a reperire candidati qualificati

Nel 2023 circa due lavoratori su dieci hanno cambiato azienda e il tasso di occupazione, secondo l’Istat, ha raggiunto circa il 66,6%. Le imprese si sono però trovate a dover fronteggiare una serie di criticità. Tra cui la generale carenza di candidati nel mercato (per il 40%), e in particolare di professionisti qualificati (53%), con una maggiore difficoltà per i livelli intermedi. In questi anni manager e imprenditori hanno capito l’importanza delle “persone” come fulcro dello sviluppo della propria organizzazione.

Tra le priorità di investimento in ambito HR per il 2024, infatti, si evidenziano i programmi di formazione per i dipendenti (47%) e la definizione di misure per cercare di trattenere i talenti (41%). Preferiti ad altri aspetti come la digitalizzazione e l’automazione dei processi.

E sul fronte occupazionale?

Nonostante il 2023 sia stato un anno complesso, ben sei 6 aziende su 10 hanno dichiarato di aver aumentato il proprio organico. Un trend che prosegue anche nel 2024, con l’88% che intende assumere, soprattutto figure con contratto a tempo indeterminato, ma anche lavoratori somministrati o freelance per la gestione di progetti temporanei. Sicuramente c’è la volontà di adottare misure per superare lo skill mismatch. Affidandosi a società esperte nel recruitment, rafforzando il proprio Employer Branding e investendo nella formazione e riqualificazione dell’organico.

Scarse aspettative di retribuzione e carriera

Nel 2023 è aumentata la soddisfazione dei lavoratori nei confronti del loro impiego attuale, passando dal 47% del 2022 a ben il 61% (i più felici sono le figure “senior”). Questo nonostante non si intravedano, a livello generale, grosse opportunità di avanzamento di carriera nell’azienda attuale (47%). E non si aspettino nel 2024 promozioni (70%) e aumenti di stipendio (65%), pur ritenendo di avere le competenze per svolgere il ruolo. Non bisogna però dimenticare i quasi quattro lavoratori su dieci insoddisfatti, a cui le aziende devono prestare molta attenzione. Infatti, questi lavoratori scontenti cambierebbero società, principalmente mantenendo lo stesso ruolo o settore.

Tra le principali motivazioni indicano:

  • mancanza di opportunità di sviluppo professionale,
  • retribuzione troppo bassa,
  • assenza di un percorso di carriera,
  • scarso equilibrio tra vita privata e lavoro.

Per i lavoratori, infatti, la retribuzione è importante, ma quando si considera un nuovo lavoro non deve mancare un mix di elementi composto da crescita professionale (per il 51%), work life balance (49%), benefit (47%) e ruoli o progetti interessanti (41%).

Retribuzione: ancora tanti insoddisfatti

La leva retributiva, soprattutto in questo momento, si conferma un elemento cruciale per influenzare la scelta dei lavoratori. Secondo Hays, lo stipendio medio nel 2023, considerando middle e top management, è di circa 54.000 euro. Una crescita del 2% sul 2022, con una netta differenza tra Junior/Specialist (34.000 euro) e C-Level (94.500 euro).

Pur aumentando il livello di soddisfazione retributiva, oltre quattro professionisti su dieci (43%) continuano a essere insoddisfatti della situazione economica. Più della metà (55%) pensa che il suo stipendio non sia adeguato alle attuali responsabilità. Nel 2023, infatti, ben la metà del campione non ha ricevuto alcun aumento retributivo (per il 7% è addirittura diminuito). Anche per il futuro, quasi due terzi dei lavoratori (64%) pensano che non riceveranno aumenti, anche perché la maggior parte non si aspetta una promozione.

Ma se i lavoratori hanno molte perplessità, il 59% delle aziende sembra invece disposta a rivedere verso l’alto i livelli retributivi nel corso dei prossimi mesi, anche se contenuti. I dipendenti, come hanno ottenuto nel 2023 l’aumento di retribuzione? Innanzitutto, cambiando lavoro (per il 37%), poi migliorando la performance individuale (24%).

Benefit, fondamentali per i lavoratori

Oltre allo stipendio, quali sono i principali fattori per attrarre o trattenere i talenti? Sicuramente i benefit rappresentano un aspetto importante sia per i lavoratori (47%), che valutano questo elemento quando considerano un nuovo lavoro, sia nella strategia di molte aziende (46%) come strumento per il recruitment e la retention dei propri collaboratori.

Attualmente quasi tre quarti dei professionisti hanno dichiarato di ricevere dei benefit aziendali che riguardano i classici computer, telefono, buoni pasto, assicurazione sanitaria o copertura medica privata e lavoro flessibile. Ma quelli più apprezzati in assoluto sono l’auto aziendale (56%) e lo smart working (51%).

Anche il lavoro flessibile è uno degli aspetti a cui i lavoratori non vogliono più rinunciare, classificandosi al secondo posto tra i benefit più apprezzati (51%). Rispetto al 2022, nel 2023 la situazione è sostanzialmente stabile. Solo il 32% è “obbligato” dalle aziende a lavorare esclusivamente in ufficio mentre la modalità ibrida da 2 a 4 giorni in presenza (51%) è quella più diffusa. Ma su questo fronte ci sono differenze in base alle dimensioni dell’azienda. Se a livello generale lo smart working è concesso dal 68% delle imprese, nelle Pmi il dato scende al 63%, mentre arriva al 76% nelle grandi realtà.

Molti dipendenti sono comunque soddisfatti di questa situazione (63%) e per il 2024 le imprese non hanno intenzione di modificare il modello lavorativo (83%). Anche perché l’analisi dello scorso anno ha mostrato chiaramente come quasi tre lavoratori su dieci sarebbero disposti a licenziarsi in caso venissero obbligati a rientrare in ufficio.

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