di Mario Cassaro | Come noto, il Durc (Documento Unico di Regolarità Contributiva) attesta la regolarità dei versamenti dovuti agli Istituti previdenziali e, per i datori di lavoro dell’edilizia, quelli dovuti alle Casse edili.
Tale documento è richiesto ai datori di lavoro ai fini della fruizione dei benefici normativi e contributivi in materia di lavoro e legislazione sociale previsti dall’ordinamento, nonché ai fini della fruizione di benefici e sovvenzioni previsti dalla disciplina comunitaria. Si tratta di un sistema virtuoso, per alcuni, perché favorisce la concorrenza leale tra le imprese. Per altri, invece, rappresenta un capestro, che condiziona fortemente la partecipazione a gare di appalto o affidamento di servizi e talvolta fonte di tensioni tra aziende, professionisti ed enti previdenziali.
Ai sensi dell’art. 1, comma 1175 della Legge n. 296/2006, la fruizione dei benefici normativi e contributivi previsti dalle disposizioni in materia di lavoro e legislazione sociale è subordinata al possesso del Durc regolare. E al generale rispetto, da parte dei datori di lavoro, degli obblighi di legge e della contrattazione collettiva.
Durc: benefici normativi e contributivi
Il Decreto Legge 2 marzo 2024 n. 19 ha modificato la disciplina sui prerequisiti che consentono di fruire dei benefici normativi e contributivi. La variazione apportata all’art. 1, comma 1175 della Legge 296/2006, dall’art. 29 del decreto citato, rappresenta un’importante evoluzione normativa. In quanto subordina il riconoscimento dei benefici all’assenza di violazioni anche relative alla tutela delle condizioni di lavoro, nonché della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
In sintesi, l’art. 29, comma 1 del Decreto Pnrr ha introdotto due sostanziali novità rispetto alla disciplina previgente:
- modificando l’art. 1, comma 1175, della Legge n. 296/2006 ha subordinato il riconoscimento di benefici normativi e contributivi all’assenza di violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale, ivi comprese le violazioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro nonché di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali;
- con l’introduzione del comma 1175-bis consente il mantenimento del diritto ai benefici in caso di regolarizzazione delle violazioni (anche in materia di tutela delle condizioni di lavoro e di sicurezza sul lavoro).
Quest’ultima disposizione, particolarmente significativa, consente di mantenere i benefici a favore dell’azienda se quest’ultima regolarizza la propria posizione. Anche quando le violazioni siano state già accertate dagli organi di vigilanza. Ricordiamo che in precedenza, l’accertata assenza del Durc determinava il definitivo venir meno dei benefici relativi al periodo di assenza dello stesso. Grazie alle novità sopra descritte, i benefici vengono riconosciuti anche nel caso di regolarizzazione postuma, nei tempi e con le modalità previste dalla normativa e dagli organi di vigilanza. Poiché la regolarizzazione costituisce ottemperanza alle disposizioni adottate ed estingue il procedimento ispettivo.
Il Durc assume, quindi, un ruolo ancora più determinante per le aziende. Diventa un requisito necessario per la partecipazione agli appalti pubblici e un indicatore della correttezza e dell’affidabilità del datore di lavoro nella gestione dei rapporti di lavoro e nella salvaguardia delle condizioni dei lavoratori.
Un tetto alle sanzioni non regolarizzabili
Un’ulteriore novità connessa al Durc prevede che per le violazioni amministrative non regolarizzabili, il recupero dei benefici non potrà comunque essere maggiore del doppio dell’ammontare sanzionatorio oggetto di verbalizzazione. Quest’ultima disposizione rappresenta un passo avanti significativo nel garantire un equilibrio tra rispetto delle norme e proporzione delle sanzioni.
In passato, situazioni in cui il datore di lavoro potesse perdere ingenti benefici a causa di sanzioni relativamente minori, potevano creare disallineamenti eccessivi tra la gravità dell’infrazione e le conseguenze economiche per l’azienda. La norma è di buon senso e tende a conciliare il rispetto delle norme vigenti con la necessità di evitare conseguenze eccessivamente punitive a fronte di violazioni di lieve entità. Pertanto, l’organo di vigilanza, prima di disporre il recupero dei benefici erogati, è chiamato a una preliminare verifica per valutare se l’ammontare di questi risulti superiore al doppio dell’importo sanzionato oggetto di verbalizzazione. Per poi procedere al recupero del minor importo.
Lavoro nero e maxisanzione più salata
Al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso, il Decreto Pnrr inasprisce di un ulteriore 10% gli importi della maxisanzione. Come in passato, l’importo della sanzione è modulato per fasce in base alla durata della prestazione irregolare.
Dal 2 marzo 2024 si applicano i seguenti importi:
- da 1.950 a 11.700 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego fino a 30 giorni;
- da 3.900 a 23.400 euro per ciascun lavoratore, in caso di impiego da 31 a 60 giorni;
- da 7.800 a 46.800 euro per ciascun lavoratore, in caso di impiego oltre 60 giorni.
La sanzione può essere ulteriormente incrementata del 20% nell’ipotesi in cui il lavoratore impiegato risulti essere un extracomunitario privo del permesso di soggiorno. Oppure un minore in età non lavorativa o un lavoratore appartenente a nuclei familiari che godono del reddito di inclusione.
La maggiorazione complessiva è raddoppiata qualora, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni amministrative per i medesimi illeciti. La recidiva, tuttavia, non opera nelle ipotesi di estinzione degli illeciti amministrativi contestati, qualora sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta (art. 16, Legge n. 689/1981; art. 13 D. Lgs. n. 124/2004). Il datore di lavoro che ottempera alla diffida degli organi ispettivi è ammesso al pagamento del minimo edittale se il lavoratore irregolare viene mantenuto in servizio con contratto a tempo indeterminato, anche part-time con una riduzione oraria non superiore al 50%. Oppure con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi.
Infine, giova ricordare che la maxisanzione si applica ai datori di lavoro privati (compresi gli enti pubblici economici) con esclusione dei datori di lavoro domestico. Non trova applicazione quando dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi la volontà del datore di lavoro di non occultare il rapporto di lavoro, anche quando si tratti di una differente qualificazione dello stesso.
Chi è Mario CassaroMario Cassaro è iscritto all’ordine dei Consulenti del Lavoro di Latina ed esercita da oltre venti anni la professione con passione e dedizione. Dal 2010 è consigliere nel Consiglio Provinciale dei Consulenti del Lavoro di Latina. È autore e relatore in ambito giuslavoristico di numerosi approfondimenti e collabora con riviste specializzate e siti web su temi di lavoro. |