Inclusione sociale e valorizzazione dei talenti

L’inclusione di persone fragili può avvenire attraverso diverse strade, una di queste è sicuramente quella del lavoro. Un percorso che non solo garantisce un’ entrata economica, ma che consente di riacquisire un posto all’interno della società e non invece ai margini, di rafforzare l’autostima, di rimettersi in gioco e guardare all’autonomia

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L’ inclusione sociale di persone fragili avviene anche con il lavoro

di Laura Ferrari |

Quando si parla di inclusione sociale e persone fragili, ci si riferisce comunemente a soggetti quali migranti, detenuti o ex detenuti, persone con disabilità o in stato di esclusione sociale e così via, la cui fragilità consiste in tutti quei fattori che creano divario tra la limitazione individuale e il percorso di vita, nel quale rientra anche la sfera lavorativa.

Per molto tempo ci si è concentrati prevalentemente su un approccio di tipo assistenziale. Di recente è cresciuta l’attenzione rivolta tema dell’inclusione, che sta progressivamente portando alla consapevolezza che i limiti delle persone cosiddette fragili sono amplificati soprattutto dalle carenze del contesto sociale in cui vivono e lavorano.

Inclusione sociale con il protocollo “Riscopriamo talenti”

All’interno di questa cornice si inserisce anche il protocollo Quadro operativo “Riscopriamo talenti”. Sottoscritto a giugno 2023 dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, l’Inps e la Caritas, ha l’obiettivo di facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro di chi si trova in stato di disoccupazione o di esclusione sociale. La finalità è fornire alle persone fragili gli strumenti con cui costruirsi un futuro di autonomia e libertà proprio attraverso il lavoro.

Obiettivo inserito nel protocollo è infatti quello di definire le regole e i principi generali necessari per consentire la collaborazione diretta tra le articolazioni locali dei soggetti firmatari, al fine di promuovere l’iniziativa nel territorio nazionale. In particolare garantire che le persone in condizioni di emarginazione sociale abbiano accesso alle opportunità lavorative e siano reinserite nel mondo del lavoro, nel rispetto delle competenze specifiche di ciascun soggetto coinvolto.

Nel dettaglio, il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, anche per il tramite della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, si è impegnato a informare e formare sull’iniziativa i propri iscritti affinché diventino l’elemento di congiunzione tra chi cerca e chi offre lavoro. E anche a supportare le imprese nella fase di inserimento aziendale. L’Inps, a sua volta, si impegna a erogare consulenza previdenziale e formazione, congiuntamente con il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, agli operatori delle Caritas diocesane, per far conoscere alle aziende gli incentivi per le assunzioni di soggetti deboli che accedono al percorso di reinserimento lavorativo. Infine, alla Caritas spetta il compito di supportare l’avvio del progetto a livello locale, individuando anche i soggetti che versano in stato di emarginazione sociale, economica o precarietà da riaccompagnare al lavoro.

Creare le condizioni di conoscenza e di rinascita

A distanza di poco meno di un anno, sono state erogate a 156 operatori Caritas, dislocati in 19 province, 780 ore di formazione a distanza dai Consulenti del Lavoro e dall’Inps. Una formazione incentrata sulla divulgazione delle opportunità offerte dal mercato del lavoro e dalla normativa giuslavoristica e previdenziale. Dall’Assegno di Inclusione al Supporto per la formazione e il lavoro, fino a programma Gol e tirocini extracurriculari.

La formazione ricevuta dagli operatori della Caritas è un tassello fondamentale per supportare l’avvio del progetto a livello locale. E individuare i soggetti che versano in stato di emarginazione sociale, economica o di precarietà, indirizzandoli verso il percorso di accompagnamento al lavoro più adatto alle loro attitudini. Avviando in questo modo un cammino di integrazione sociale e lavorativa, che possa al contempo restituire loro quella dignità che il lavoro può garantire. Interrompendo un trend di emarginazione e facendo emergere talenti e potenzialità, spendibili nel mercato del lavoro.

La riforma delle politiche attive cambia l’approccio

Come è noto, dal 1° gennaio 2024 è in vigore l’Assegno di Inclusione (Adi). Una misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli, introdotta dal decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito con modificazioni dalla legge 3 luglio 2023, n. 85. Consiste in un sostegno economico attraverso percorsi di inserimento e inclusione sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro, condizionato alla prova dei mezzi e all’adesione a un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa.

La componente attiva è fondamentale e avviene attraverso la sinergia tra diversi operatori del settore. Non solo Centri per l’Impiego ed enti accreditati ai servizi per il lavoro, ma anche servizi sociali ed enti di formazione. L’Adi è riconosciuto a garanzia delle necessità di inclusione dei nuclei familiari con componenti con disabilità, nonché dei nuclei con minorenni o con almeno sessant’anni di età, ovvero con componenti in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi sociosanitari territoriali certificati dalla pubblica amministrazione.

Oltre a tali requisiti soggettivi e ai requisiti economici stabiliti in base all’Isee, una volta presentata la domanda, uno dei passaggi essenziali passa proprio dai servizi sociali. Infatti, una volta iscritti al Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa e sottoscritto il Patto di Attivazione Digitale (Pad) del nucleo familiare, si autorizza espressamente la trasmissione dei dati relativi alla richiesta ai servizi sociali. Oltre che ai Centri per l’Impiego, alle Agenzie per il Lavoro e agli enti di intermediazione, nonché ai soggetti accreditati ai servizi per il lavoro.

I beneficiari devono presentarsi per il primo appuntamento presso i servizi sociali entro 120 giorni dalla sottoscrizione del Pad del nucleo familiare. I servizi sociali procedono così all’analisi multidimensionale dei componenti del nucleo. Affinché possano essere individuati percorsi che i singoli componenti devono o possono seguire, in base alle personali condizioni, per iniziare il percorso più adatto.

Si tratta di un cambio di approccio non solo organizzativo ma anche culturale, che passa attraverso la collaborazione di più soggetti, l’attivazione di un concreto percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa. In cui la persona è al centro, con l’obiettivo di colmare il gap tra le condizioni di partenza del soggetto e le esigenze del mercato del lavoro. Cercando di far emergere anche i talenti nascosti e creando nuove competenze.

La normativa tra obblighi e agevolazioni

Il legislatore, nel tempo, al fine di favorire l’inserimento del lavoro di alcune categorie di soggetti in situazione di fragilità, ha introdotto l’obbligo normativo di assumere un determinato numero di lavoratori rientranti nelle liste del collocamento obbligatorio. Secondo un numero variabile che cresce in funzione delle dimensioni aziendali.

Ricordiamo infatti che le aziende con determinate caratteristiche sono obbligate ad assumere quote di lavoratori meritevoli di una particolare tutela, le cosiddette quote di riserva. L’obbligo di assunzione riguarda principalmente le persone con disabilità e interessa le aziende con più di 15 dipendenti, nonché altri soggetti appartenenti a categorie protette il cui obbligo scatta per le aziende oltre i 51 dipendenti (ad esempio, familiari dei caduti sul lavoro, vittime del terrorismo, della criminalità organizzata e loro familiari).

Il legislatore, inoltre, cerca di far leva sulle agevolazioni al fine di favorire l’inserimento nel modo del lavoro di persone con fragilità. Ricordiamo ad esempio che l’Inps riconosce un incentivo ai datori di lavoro che assumono lavoratori con disabilità, anche se non sono soggetti all’obbligo di assunzione. L’incentivo si applica alle assunzioni a tempo indeterminato o di trasformazione a tempo indeterminato di rapporti a termine (anche part-time). Le cui durata e misura variano in base alla percentuale di invalidità e alla tipologia di disabilità, con benefici maggiori rivolti agli inserimenti di soggetti con disabilità intellettiva e psichica, spesso con maggiore difficoltà di inserimento.

È previsto un sostegno economico da parte dell’Inail rivolto anche ai datori di lavoro che provvedono ad adattare i posti di lavoro in caso di reinserimento e integrazione di infortunati e tecnopatici già presenti in azienda. Oppure in caso di nuove assunzioni di soggetti con disabilità da lavoro tutelata dall’Inail, finalizzati ad esempio al superamento e all’abbattimento delle barriere architettoniche nei luoghi di lavoro o all’adeguamento delle postazioni di lavoro. Ancora, sono previsti esoneri contributivi per i datori di lavoro che assumano i beneficiari dell’Adi o del Supporto per la formazione e il lavoro.

Altre agevolazioni di natura contributiva e fiscale sono previste per le imprese che assumono detenuti o internati all’interno degli istituti penitenziari, detenuti o internati lavoranti all’esterno del carcere e detenuti o internati semiliberi. In questo elenco, seppure non esaustivo e sommario, emerge chiaramente l’intenzione di trovare strumenti agevolativi per favorire l’inserimento lavorativo di soggetti in situazione di fragilità.

Creare le condizioni per scoprire nuovi talenti

Gli strumenti messi in campo dal legislatore, affiancati da progetti di divulgazione capillare delle informazioni sulle normative attualmente in vigore e la collaborazione tra i diversi operatori negli ambiti giuslavoristico, formativo e sociale, pubblico e privato, consentono di favorire percorsi concreti di inserimento lavorativo e sociale.

Se accanto a ciò si affianca anche un cambiamento culturale, per consentire di superare la barriera della diffidenza e del pregiudizio, favorito anche dalla reciproca contaminazione di conoscenze che questo assetto sinergico può creare, allora il terreno per scoprire nuovi talenti, anche tra i soggetti ai margini, potrà dare i suoi frutti in modo diffuso.

Chi è Laura Ferrari

Laura Ferrari, consulente del lavoroDopo la laurea in Economia all’Università Cattolica di Milano, Laura Ferrari si iscrive all’Ordine dei Consulenti del lavoro di Bergamo nel 2010. La passione per il diritto del lavoro l’ha portata a dedicarsi anche alla divulgazione, prima in una radio locale, successivamente ideando e conducendo la rubrica della web Tv dei Consulenti del Lavoro “Donne e Lavoro”. Nel novembre 2021 inizia una collaborazione con Rai 3, partecipando in veste di esperta della materia al programma di approfondimento “Il Posto Giusto”. Ai media ha affiancato anche l’attività di convegnistica e di scrittura, collaborando con alcune riviste di settore.

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