A cosa serve il lavoro oggi?

Gli italiani soddisfatti del proprio impiego, ma preoccupati per le prospettive di carriera, mentre i dati record sull'occupazione non cancellano le problematiche strutturali. Lo dice l'ultima ricerca Asfor-Isvi: guarda il video completo dell'evento di presentazione!

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Record occupazionali contrapposti a difficoltà strutturali del mercato del lavoro, soprattutto per donne e giovani.

In generale, gli italiani sono soddisfatti del proprio lavoro e aspirano ancora al posto fisso, ma sono molto preoccupati per le prospettive di carriera. Inverno demografico e salari congelati sono le principali spine per un sistema che cresce, ma in un precario equilibrio. Sono gli spunti emersi dal seminario “Verso un nuovo senso del lavoro”, organizzato da Asfor – Associazione Italiana per la Formazione Manageriale e ISVI – Istituto per i Valori d’Impresa il 21 novembre presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Un confronto tra mondo accademico, manager e imprenditori, promosso per analizzare criticità e opportunità del mercato del lavoro.

Numeri e senso del lavoro in Italia

Alla base del dibattito, la fotografia scattata dalla ricerca “A cosa serve il lavoro oggi – Persone e imprese tra aspettative e nuovi valori” di Asfor e Isvi. “Il lavoro a tempo indeterminato è cresciuto nel 2023 del 3,3% e nel 2024 dello 0,9%. Calano invece contratti a tempo determinato”, spiega Marco Vergeat, presidente Asfor. “Stiamo vivendo un picco occupazionale che non si era mai visto in Italia. Tuttavia, rimangono una serie di fragilità strutturali del mercato del lavoro italiano. Per prima cosa, l’area del lavoro instabile, che ancora ha un importante peso, soprattutto tra donne e giovani”.

Altra difficoltà riguarda i Neet: nonostante siano in calo, rimangono al 16%, mentre in Europa il tasso si ferma all’11%. Per quanto riguarda le donne, l’occupazione è al 55% nella fascia 20-64, contro il 69% della media europea. Infine, demografia e salari: “quest’anno sono nati 354 mila bambini, nel 1943 erano 800 mila. Questo comporta una contrazione del bacino di persone attive, ma anche un invecchiamento della popolazione. Inoltre, a parità di potere d’acquisto, i salari sono calati del 2,9% dal 1990 al 2020. Siamo l’unico paese europeo a non crescere”, aggiunge Vergeat.

Il lavoro perde peso nella vita delle persone?

Durante la mattinata sono stati illustrati anche i dati relativi a un’indagine su un campione di oltre mille occupati, di cui l’87% diplomati o laureati. Da notare, l’elevato tasso di soddisfazione per il proprio lavoro (82,3%) e la preoccupazione per le prospettive di carriera (superiore al 50%). In generale, dunque, “il lavoro riveste una minore centralità nella vita delle persone. Ma ha anche una minore forza identitaria. Questo vuol dire che le persone tendono a definirsi di meno rispetto a ciò che fanno nella vita professionale, perché c’è molto altro, che sia vero o illusorio. Un fenomeno sicuramente influenzato da quella che abbiamo chiamato l’ombra lunga del Covid e del remote working”, conclude.

L’incontro è stato anche occasione per presentare il libro EDUCatt dal titolo “Verso un nuovo senso del lavoro”. Realizzato dall’Osservatorio Managerial Learning Asfor-Isvi 2023 e curato da A. Reza Arabnia, Vittorio Coda, Roberto Brambilla, Mauro Meda e Marco Vergeat, il volume riporta contributi del mondo accademico, manageriale e imprenditoriale.

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