L’AI deve fare cose buone

Uno studio condotto da Tesya in collaborazione con AstraRicerche sull’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul lavoro evidenzia che la maggior parte delle persone vede in modo positivo questa tecnologia, purché sia eticamente corretto e socialmente utile

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Uno studio condotto da Tesya in collaborazione con AstraRicerche sull’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul lavoro

Intelligenza artificiale sul lavoro: quale impatto e quali aspettative?

Tesya è un gruppo di oltre 3.700 dipendenti, con un fatturato di circa 1,7 miliardi di euro. Fornisce servizi e soluzioni integrate B2B a imprese di più settori, dalle costruzioni alla transizione energetica, alla gestione di cantieri e logistica. In collaborazione con AstraRicerche, ha condotto una ricerca in Portogallo, Spagna, Italia, Slovenia e Croazia con l’obiettivo di analizzare l’impatto a lungo termine dell’intelligenza artificiale sul lavoro.

Come commentato da Cosimo Finzi, direttore di AstraRicerche: “Un aspetto fondamentale è la richiesta di un’intelligenza artificiale buona. I rispondenti auspicano un’AI eticamente corretta, socialmente utile e che porti conseguenze positive nel mondo del lavoro. Questa domanda si inserisce perfettamente nel contesto attuale, caratterizzato da una crescente attenzione di cittadini e consumatori verso le tematiche Esg. Le imprese si interrogano maggiormente sull’impatto delle proprie operazioni. E l’adozione di pratiche di sostenibilità sociale comincia a diffondersi a più livelli”.

Finzi fa anche notare che la compresenza di percezioni positive e timori, soprattutto per quanto attiene l’ambito professionale, dall’altro è normale. “La storia ci insegna che ogni grande rivoluzione tecnologica porta con sé un mix di entusiasmo e apprensione, e l’AI non fa eccezione”. L’impatto dell’AI, secondo Finzi, deve, in definitiva, essere gestito “con attenzione, etica e sensibilità sociale”, affinché vi siano benefici “equamente distribuiti”. E non vengano acuiti, al contrario, “i gap esistenti”.

Intelligenza artificiale sul lavoro: cosa pensano gli italiani

Per il 59% degli italiani intervistati, l’AI renderà più sicuro lo svolgimento di alcune attività manuali, perché sarà in grado di prevenire rischi, fermare operazioni pericolose, salvaguardare la salute di operai e affini. Una percentuale ancora maggiore, il 62%, pensa anche che l’AI possa controllare sistemi industriali molto complessi, con o senza l’uso di robot. Garantendo benefici come maggiore efficienza, manifattura di prodotti con costi minori e, non da ultimo, maggiore sicurezza per i lavoratori. Più della metà dei nostri concittadini crede, infine, che l’adozione dell’AI apporterà benefici ai macchinari stessi, che saranno, oltre che più sicuri, più efficaci, più efficienti e più duraturi.

Gli aspetti positivi riguardano anche il work life balance. Secondo il 44%, le ore di lavoro che l’AI consentirà di risparmiare potranno essere destinate alle attività della nostra vita privata. Quando si tratta di lavoro e professioni, il 43% degli italiani pensa che grazie all’AI assisteremo all’aumento del numero dei posti di lavoro qualificati. Mentre il 63% crede che ci sarà una riduzione di quelli non qualificati. Oltre la metà degli intervistati (61%), infine, ritiene che i lavoratori debbano usare l’AI per riqualificarsi. Per consolidare le proprie conoscenze e competenze e migliorare in prospettiva la posizione lavorativa.

L’opinione di Tesya

“Nella nostra visione, l’intelligenza artificiale sul lavoro deve fungere da catalizzatore per aumentare la produttività aziendale e generare occupazione di qualità. Consentendo alle persone di effettuare mansioni a maggior valore aggiunto”, dice Lino Tedeschi, Ceo e presidente del Gruppo Tesya. “Sosteniamo fermamente che l’AI debba essere impiegata con etica e coscienza e che l’adozione delle nuove tecnologie debba non solo migliorare l’efficienza operativa, ma anche promuovere e rafforzare la sicurezza sul posto di lavoro”.  Con Andrea Camera, direttore Risorse Umane del Gruppo, approfondiamo il discorso.

In quali ambiti il Gruppo Tesya sta implementando soluzioni di intelligenza artificiale sul lavoro?

Stiamo sviluppando con alcune aziende del Gruppo – CGT e CLS – soluzioni alimentate dall’AI proprio a favore della sicurezza sul lavoro. CGT ha come industry di riferimento quella delle costruzioni. Mentre CLS è leader in Italia in soluzioni avanzate per la movimentazione di materiali e la logistica.

Svolgiamo, quindi, le nostre attività in comparti che presentano un significativo numero di infortuni, come dimostrato dagli ultimi dati resi disponibili dall’Inail. E siamo in prima linea per ridurre sensibilmente l’esposizione degli operatori agli incidenti in cantiere e nei magazzini. Lo facciamo attraverso le più recenti soluzioni tecnologiche, che consentono, in vari modi, di governare in maniera più efficace le macchine nei cantieri o di impiegare veicoli a guida autonoma o robot mobili autonomi per la movimentazione di carichi pesanti.

Abbiamo compreso che l’intelligenza artificiale e l’automazione possono essere dei grandi alleati della sicurezza sul lavoro. Continueremo a investire e a sviluppare soluzioni che consentono di migliorare il benessere delle persone per salvaguardare la loro salute, consapevoli delle enormi potenzialità che ci vengono offerte dal progresso tecnologico.

Come formate i vostri dipendenti e collaboratori sul tema dell’AI?

Vogliamo comprendere pienamente l’intelligenza artificiale e la stiamo applicando con successo anche negli ambiti del nostro expertise. Siamo consapevoli della crescente importanza di questo tema per il futuro del business e non solo. Stiamo già utilizzando applicazioni di AI a supporto di diverse iniziative di formazione e comunicazione, lavorando per integrare programmi formativi sull’AI nella nostra offerta complessiva.

Il nostro impegno è dimostrato dalle oltre 124mila ore destinate alla crescita dei nostri professionisti tramite piani di training completi. Gli iter formativi abbracciano non solamente le competenze “essenziali” per svolgere bene il lavoro, ma anche quelle “personali e trasversali”. Che aiutano a comprendere e a vivere, meglio, l’ambiente – fisico, sociale e culturale – nel quale viviamo.

Il 30% degli italiani intervistati per la vostra ricerca reputa che “l’AI causerà dei danni”. Come si può convincerli del contrario?

È necessario agire su più fronti, svolgendo un lavoro corale che coinvolga più attori. In primis, un ruolo fondamentale viene assunto proprio dalla formazione. Erogata dalle aziende ma non solo, volta a far comprendere il funzionamento di questa tecnologia e gli impatti reali dell’intelligenza artificiale sul lavoro. D’altronde, la paura verso una tecnologia si origina dalla poca comprensione della stessa.

Abbiamo inoltre esaminato come nei settori delle costruzioni e della logistica l’impiego dell’AI comporti effetti positivi per la salvaguardia delle persone e la diminuzione dei rischi collegati al lavoro. Ma ci sono best practice e ulteriori storie di successo che coinvolgono altri comparti. Si pensi, ad esempio, alla salute, dove gli algoritmi sono impiegati per diagnosticare le malattie più velocemente e con maggiore precisione. Quindi, illustrare, attraverso una comunicazione chiara e accessibile, quali sono le reali potenzialità e gli effettivi benefici che l’AI comporta, potrebbe supportare la causa.

È importante, però, coinvolgere istituzioni, università e centri di ricerca per contribuire a far diminuire quella percentuale di italiani che, ad oggi, mostrano timore. L’obiettivo è, quindi, includere. La nostra sfera privata non può più prescindere dall’aspetto tecnologico, ma vale anche per lo sviluppo delle aziende, in quanto permea trasversalmente ogni settore.

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