Poche luci e troppe ombre sul lavoro

Crescono i posti di lavoro, ma non il numero delle ore lavorate, aumentano le differenze di genere e gli squilibri tra Nord e Sud, rimane alta la disoccupazione, soprattutto giovanile. È il quadro che emerge dall’ultimo rapporto sul mercato del lavoro del Cnel. Per il Presidente Treu: «Servono scelte consapevoli e responsabili da parte di istituzioni e privati».

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lavoro Cnel

di Laura Reggiani |

Risultato della collaborazione tra gli esperti del Cnel e i ricercatori di Anpal e Inapp, l’ultimo “Rapporto 2018 sul mercato del lavoro e della contrattazione collettiva”, fornisce un interessante quadro della realtà del lavoro e delle sue trasformazioni, offrendo spunti di riflessione per rispondere alle nuove sfide. Come ha spiegato il presidente Tiziano Treu, il Cnel è convinto che, “nonostante la radicalità dei cambiamenti introdotti nel mondo del lavoro dalla globalizzazione e dalle nuove tecnologie digitali, l’impatto di questi fattori può essere influenzato da scelte consapevoli e responsabili di istituzioni e di attori pubblici e privati”.

Dobbiamo evitare di procedere solo con misure puntuali e guardare alla radice dei problemi lavorativi, se non vogliamo rassegnarci a una crescita bassa. Il lavoro è scarso, è frammentato, di breve durata e spesso di scarsa qualità professionale. Sono necessarie misure strutturali di riduzione del cuneo fiscale, formazione dei lavoratori e degli imprenditori sui nuovi modelli tecnologici e lavorativi e il rafforzamento delle misure di welfare che hanno dimostrato di funzionare.

Tiziano Treu, Presidente Cnel

Bassa intensità e scarsa qualità dell’occupazione

Le tendenze dell’occupazione presentate nel rapporto mostrano diversi elementi critici. Se la ripresa dell’occupazione è un fatto di per sé positivo, è invece negativo che non si sia tradotta in un aumento delle ore lavorate, in quanto sono aumentati gli occupati a orario ridotto e la quota del part-time involontario, soprattutto per le donne. Le differenze di genere, i nuovi part-time e la loro distribuzione diversificata sul territorio, con la penalizzazione del Sud, mostrano che siamo di fronte a una minore intensità del lavoro e a una disoccupazione diseguale.

Una criticità ulteriore è data dalla crescente polarizzazione dell’occupazione, cioè dal divario fra la fascia più qualificata dell’occupazione che cresce meno di quella poco qualificata. La conseguenza è una preoccupante dequalificazione della struttura occupazionale e una accresciuta divaricazione nelle dinamiche per generi e provenienza dei lavoratori.

Le criticità rilevate, che si sintetizzano in bassa intensità e scarsa qualificazione dell’occupazione, sono difficili da affrontare perché sono interne alla struttura dell’economia italiana che, ormai da parecchi anni, non vede crescere settori e attività ad elevata produttività e alto valore aggiunto, che sarebbero in grado di offrire posti di lavoro qualificati e a tempo pieno.

Servono quindi interventi strutturali, a cominciare da maggiori investimenti pubblici e privati soprattutto nei settori innovativi dell’economia e per altro verso nella formazione di qualità dei lavoratori e degli imprenditori.

La disoccupazione giovanile

Per combattere la disoccupazione, in particolare giovanile, il Cnel ha sottolineato la necessità di rafforzare, con una scuola ben orientata, le competenze di base e professionali dei giovani, di potenziare i servizi di orientamento al lavoro e l’alternanza scuola-lavoro.

Le dimensioni preoccupanti del mismatch occupazionale si mostrano nel duplice aspetto della overeducation e della inadeguatezza delle competenze dei lavoratori rispetto alle esigenze delle imprese. Per ridurre tale fenomeno è importante rafforzare l’incremento dell’offerta di lavoro qualificato in materie scientifiche, accompagnandolo con politiche pubbliche che favoriscano la domanda di lavoro qualificato.

Per quanto riguarda l’alternanza fra scuola e lavoro, vista come possibilità di utile collaborazione fra scuola e mondo delle imprese, il Cnel è impegnato a sostenere questa esperienza, convinto che l’alternanza sia uno strumento importante per ridurre il mismatch e per diffondere l’orientamento dei giovani, facilitando il loro inserimento nel mondo del lavoro.

Contratti a termine e precarietà

La ripresa dell’occupazione è sostanzialmente dovuta, oltre che alla crescita del part-time anche a quella dei lavori a tempo determinato: +35% dal 2014 al secondo trimestre del 2018, pari a oltre 800.000 occupati; mentre i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti di 460 mila unità e i lavoratori autonomi sono calati di 117.000.

Questa tendenza al rallentamento della crescita dei contratti a tempo indeterminato, si è verificata nonostante sgravi contributivi previsti dalle scorse leggi di bilancio. L’aumento dei contratti a termine, pur essendo trasversale, è sbilanciato soprattutto per genere e ha coinvolto in particolare i lavoratori con livelli di istruzione inferiore. Inoltre la durata di tali contratti tende a ridursi ed è probabile che con il “Decreto Dignità” tale tendenza si accentui nei prossimi mesi.

Lavoratori sempre più poveri

L’analisi del Cnel documenta anche l’aumento avvenuto negli ultimi anni del lavoro povero. Sono più di 2,2 milioni le famiglie povere nonostante almeno un componente sia occupato.

La diffusione della povertà fra i lavoratori è da ricondursi a vari fattori; non solo alla crisi economica, ma anche al minor numero di ore lavorate, alla precarietà dell’occupazione, all’impiego di manodopera poco qualificata, specie nelle piccole imprese, e alle scelte di aziende dotate di forte potere di mercato che decidono di scaricare il contenimento dei costi soprattutto sui salari dei lavoratori.

Inoltre il lavoro povero si concentra maggiormente in alcuni settori caratterizzati da minore valore aggiunto, minore produttività e quindi livelli retributivi mediamente più bassi.

Il salario minimo legale

Data la gravità di questo fenomeno, il contrasto alla povertà non può non essere una priorità delle nostre politiche pubbliche e anche dell’azione delle parti sociali. Tale compito spetta in primis alla contrattazione collettiva nazionale, decisiva per sostenere i redditi dei lavoratori e ridurre le diseguaglianze.

Uno degli strumenti di contrasto al lavoro povero, adottato in quasi tutti i Paesi europei, è il salario minimo legale che può garantire una protezione più efficace nei confronti dei bassi salari, riducendo discrezionalità e abusi.

 

Servono, in ogni caso, misure ulteriori. Come suggerisce la strategia europea e come il Cnel ha raccomandato, è necessaria una significativa riduzione del cuneo fiscale sulle retribuzioni, con particolare riguardo a quelle dei lavoratori con basso salario; e tale misura è da combinare con politiche dirette a favorire la partecipazione dei lavoratori a buone occasioni di lavoro e ad accrescere l’intensità occupazionale.

Centri per l’impiego e Blockchain

Il monitoraggio dei servizi a cura di Anpal fornisce una fotografia del sistema dei Centri per l’Impiego e ne rileva le criticità. Esse riguardano le carenze di personale, non solo quantitative, ma soprattutto di addetti con le competenze necessarie a svolgere i servizi richiesti. Un’altra criticità riguarda la inadeguatezza delle dotazioni informatiche.

Uno dei limiti dell’attività dei Centri Pubblici per l’Impiego è la mancata realizzazione della interconnessione delle banche dati e del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro. Uno strumento per superare tale limite è la tecnologia Blockchain, che permette la raccolta sistematica, connessa e certa dei dati, senza la necessità di creare nuove sovrastrutture e preservando l’autonoma generazione e gestione di ogni fonte informativa da parte dei soggetti della rete di servizi.

Per ottenere risultati effettivi e durevoli servono risorse finanziarie, ma soprattutto persone formate, capaci di rispondere ai bisogni delle persone e delle imprese e dotate di strumenti adeguati. Serve inoltre un impegno comune e una collaborazione fra centri pubblici e Agenzie del lavoro private, e fra istituzioni regionali e statali per l’implementazione delle politiche attive e dei servizi del lavoro.

Gig Economy e professioni digitali

I lavori su piattaforma tipici della Gig Economy sono già esplosi in tutto il mondo. Al di là delle dimensioni complessive dell’occupazione, le forme e la qualità del lavoro saranno investite da un cambiamento senza precedenti che riguarderà soprattutto i lavori ripetitivi. Il cambiamento è così profondo che sta manifestando l’inadeguatezza non solo delle regole tradizionali, ma delle stesse categorie fondative del diritto del lavoro, a cominciare da quella di lavoro subordinato.

Lo testimoniano le diverse soluzioni offerte da vari ordinamenti e dalla nostra giurisprudenza che nelle prime decisioni si è divisa fra chi ha fatto rientrare questi lavori nell’ambito della subordinazione per riconoscere loro le relative tutele e chi viceversa rileva la presenza di tratti prevalenti di autonomia.

In Italia la contrattazione collettiva e alcune prassi locali stanno dando le prime risposte del fenomeno. Tra le alternative l’ipotesi di fare uso della piattaforma Inps per la gestione delle prestazioni di lavoro occasionale, o di far intervenire le agenzie di somministrazione nella gestione del personale della Gig economy.

L’opinione del Cnel è che la variabilità di queste fattispecie sconsiglia rigidi interventi legislativi e che possa essere più funzionale una regolazione flessibile da parte dei contratti collettivi.

Premi di risultato e welfare aziendale

Positivi infine i dati relativi a premi di risultato e welfare aziendale. Nel periodo maggio 2016-giugno 2018 sono 15.639 le imprese che hanno fatto domanda per avere la detassazione del premio di risultato, l’88% in base a un accordo aziendale per un totale di 33.869 istanze e per 5 milioni di beneficiari.

Il valore complessivo del premio detassato annuo è superiore ai 3 miliardi, corrispondenti a 1.291 euro per ogni beneficiario. Le misure di welfare implementate comprendono la previdenza complementare, misure di educazione dei figli, e conciliazione fra vita e lavoro.

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