Nuove prospettive per i Fondi Interprofessionali

La proposta di FondItalia, spiegata dal direttore Egidio Sangue, per aumentare l’efficacia dei Fondi Interprofessionali nell’ambito di una azione complessiva per lo sviluppo del Capitale Umano.

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4 mani che uniscono 4 pezzi di puzzle

di Laura Reggiani |

“Nonostante la maggiore regolamentazione e la maggiore omogeneità di funzionamento, il ‘Sistema Fondi’ risente ancora gli effetti di una politica non sempre lungimirante nei sui confronti”. È questa l’opinione espressa da Egidio Sangue, direttore di FondItalia, il Fondo Interprofessionale promosso da Ugl e FederTerziario, giunto oramai al decimo anno di attività.

Direttore Sangue, quali ritiene che siano, dunque, i limiti delle attuali politiche in tema Fondi?

Il tradizionale terreno di intervento dei Fondi

Egidio Sangue è direttore del Fondo Fonditalia

Interprofessionali, che ne costituisce peraltro la ragione fondante, è rappresentato dalla promozione e dal sostegno organizzativo e finanziario alla Formazione continua dei lavoratori in impresa. Alla chiarezza in merito alla mission non è stata affiancata eguale trasparenza per quanto riguarda la natura dei Fondi in termini di pubblico/privato.

Opacità che per alcuni anni ha portato a diverse interpretazioni delle norme di riferimento, con ampia ricaduta sulle modalità generali relative al funzionamento dei Fondi Interprofessionali, interrotte soltanto dal loro vincolo alla legge sugli Aiuti di Stato e al Codice degli appalti pubblici posto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Vincoli che, a detta di molti rappresentanti del settore, ha reso più complicato e gravoso l’accesso alle risorse, specialmente per quanto riguarda il ricorso agli Aiuti di Stato e all’obbligo di cofinanziamento da parte delle imprese.

Qual è la posizione assunta da FondItalia al riguardo?

La pubblicazione, in data 10 aprile 2018, delle “Linee Guida sulla gestione delle risorse finanziarie attribuite ai Fondi Paritetici Interprofessionali per la formazione continua” da parte di Anpal, ha determinato per il Fondo un immediato sforzo per giungere in tempi molto rapidi alla definizione di provvedimenti risolutivi relativi all’adeguamento del Fondo alle nuove direttive, sia per quanto riguarda gli aspetti strutturali – canali di finanziamento, determinazione dei contributi concedibili in tema di Aiuti di Stato – sia per quanto riguarda le modalità e le procedure di accesso ai finanziamenti. Si è trattata di una intensa fase di aggiornamento, pensata soprattutto nell’ottica dei fruitori, che non ha modificato, di fatto il consueto regime di attività e operatività del Fondo.

A partire giugno 2018, infatti, sono già stati pubblicati ben 4 Avvisi Femi e altrettante Linee Guida per il finanziamento di Progetti a valere sui Conti Formativi monoaziendali: l’Avviso Femi 01/2018, con una dotazione economica di 4.800.000 euro; l’Avviso Femi 2019.01, con una dotazione economica di 5.300.000 euro; l’Avviso Femi 2019.02, con una dotazione economica di 5.800.000 euro; l’Avviso Femi 2019.03, che ha una dotazione economica di 4.800.000 euro e per il quale è prossima la chiusura del II Sportello.

Ad oggi, dunque, il Fondo opera nel costante rispetto delle disposizioni normative del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali emanate da Anpal, cercando, parimenti, di realizzare una costante opera di semplificazione per garantire un agile accesso alle risorse da parte delle imprese, specialmente per quanto riguarda le Pmi – nostro target per eccellenza – e consentire un facile utilizzo delle stesse per la formazione dei propri collaboratori.

La nuova modalità di erogazione delle risorse ha richiesto un rapido aggiornamento delle procedure interne, a partire da quelle gestite mediante la Piattaforma gestionale del Fondo, che ha portato alla completa digitalizzazione di tutte le fasi del ciclo di vita del Progetto, favorendo una considerevole riduzione delle operazioni e dei tempi procedurali per l’accesso alle risorse.

Ci rendiamo conto, tuttavia, che non stiamo facendo abbastanza per favorire le sorti della formazione continua dei lavoratori.

Cosa fare dunque per definire meglio il ruolo dei Fondi nel promuovere il ruolo della formazione?

Per definire meglio il ruolo dei Fondi è necessario affrontare una volta per tutte le spinose questioni, mai risolte, che li riguardano.

Innanzi tutto, il contributo pari allo 0,30%, destinato alla formazione per il tramite dei Fondi Interprofessionali, è il più basso d’Europa. A ciò si aggiunge la decurtazione, oramai strutturale, di una quota rilevante delle risorse (di circa il 16%) da parte dello Stato, da impiegare in operazioni di riequilibrio del bilancio, senza alcuna specificazione. Alle criticità di tipo economico, se ne aggiungono altre di ordine più generale.

La formazione finanziata dai Fondi sembra, in molti casi, più in linea con l’offerta che con le reali esigenze di imprese e lavoratori in termini di competenze. Ciò tende ad accadere per l’assenza o l’inadeguatezza, oramai acclarata, di una serie di attività che dovrebbero costituire una parte integrante ed imprescindibile di una buona formazione, quali:

  • una approfondita analisi della domanda;
  • la valutazione delle competenze in ingresso in possesso dei discenti;
  • una valutazione delle competenze acquisite dagli allievi grazie alla formazione erogata, nonché una certificazione delle stesse;
  • una integrazione delle attività di formazione con corrispondenti programmi di orientamento;
  • una valutazione del reale impatto della formazione nell’impresa e la sua ricaduta in termini organizzativi e produttivi.

Ogni Fondo compie, a suo modo e più o meno occasionalmente, taluni sforzi per risanare queste mancanze che, tuttavia, tendono a rimanere strutturali. Ciò di cui si avverte fortemente la mancanza è, dunque, quella di una integrazione tra azioni e funzioni esercitate dai Fondi e l’azione esercitata da altri soggetti, pubblici e privati, che operano sul versante delle politiche per l’occupazione.

Un’integrazione di azioni per la realizzazione di un sistema per le politiche attive per il lavoro, poliedrico e multifunzionale, in cui i Fondi possano giocare il loro ruolo, così come già normato dall’articolato quadro delle “Misure relative al riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e le politiche attive”, definite dal D.Lgs. 150/2015; un sistema in cui la loro attività, avviata sul terreno della Formazione Continua e considerata al suo nascere una misura relativa alla formazione e non al lavoro, possa essere riletta come un’azione di politica attiva del lavoro, integrabile con altre misure contigue, quali l’apprendistato, l’alternanza scuola-lavoro, la promozione dell’autoimpiego, l’integrazione socio-lavorativa di fasce svantaggiate, ecc., fornendo ai Fondi un’opportunità di sinergia con gli altri soggetti della rete nazionale e di legittimità operativa nella gestione delle misure (si veda il riquadro).

LA RETE DEI SERVIZI PER LE POLITICHE DEL LAVORO

Art. 1 Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro

1| Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le regioni e province autonome, per le parti di rispettiva competenza, esercitano il ruolo di indirizzo politico in materia di politiche attive per il lavoro, mediante l’individuazione di strategie, obiettivi e priorità che identificano la politica nazionale in materia, ivi comprese le attività relative al collocamento dei disabili di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68.

2| La rete dei servizi per le politiche del lavoro è costituita dai seguenti soggetti, pubblici o privati:
a) l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro, di cui all’articolo 4 del presente decreto, di seguito denominata «Anpal»;
b) le strutture regionali per le Politiche Attive del Lavoro di cui all’articolo 11 del presente decreto;
c) l’Inps, in relazione alle competenze in materia di incentivi e strumenti a sostegno del reddito;
d) l’Inail, in relazione alle competenze in materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro;
e) le Agenzie per il lavoro di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, i soggetti autorizzati allo svolgimento delle attività di intermediazione ai sensi dell’articolo 6 del medesimo decreto legislativo e i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro ai sensi dell’articolo 12;
f) i fondi interprofessionali per la formazione continua di cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
g) i fondi bilaterali di cui all’art. 12, comma 4, del decreto legislativo n. 276 del 2003;
h) l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol) e Italia Lavoro S.p.A.;
i) il sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le università e gli istituti di scuola secondaria di secondo grado.

3| La rete dei servizi per le politiche del lavoro promuove l’effettività dei diritti al lavoro, alla formazione ed all’elevazione professionale previsti dagli articoli 1, 4, 35 e 37 della Costituzione ed il diritto di ogni individuo ad accedere a servizi di collocamento gratuito, di cui all’articolo 29 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, mediante interventi e servizi volti a migliorare l’efficienza del mercato del lavoro, assicurando, tramite l’attività posta in essere dalle strutture pubbliche e private, accreditate o autorizzate, ai datori di lavoro il soddisfacimento dei fabbisogni di competenze ed ai lavoratori il sostegno nell’inserimento o nel reinserimento al lavoro.

4| L’Anpal esercita il ruolo di coordinamento della rete dei servizi per le politiche del lavoro, nel rispetto delle competenze costituzionalmente riconosciute alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano.

5| Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano esercitano nelle materie disciplinate dal presente decreto le competenze ad esse spettanti  ai sensi dei rispettivi statuti, delle relative norme di attuazione e delle norme speciali recanti deleghe di funzioni e, in riferimento alla provincia autonoma di Bolzano, anche in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione.


Qual è, dunque, lo scenario possibile per i Fondi nel più ampio sistema delle politiche attive per il lavoro?

Parlerei di scenario possibile e auspicabile non solo per il futuro dei Fondi, ma soprattutto per il futuro produttivo e culturale del Sistema Paese. I Fondi Interprofessionali, forti della loro mission e della loro capacità aggregativa e di rappresentanza del mondo produttivo, capaci di accogliere, interpretare e sostenere le esigenze di imprese, lavoratori, professionisti della formazione, del lavoro e della sicurezza, Parti Sociali, possono rappresentare una effettiva funzione di raccordo tra il mondo delle imprese e alcune tra le più rilevanti politiche di recente attivazione.

La difficoltà, più volte emersa, delle politiche attive di ottenere performances occupazionali in linea con le attese, è fondamentalmente riconducibile alla scarsa se non inesistente, relazione tra le imprese e i servizi per il lavoro.

Relazione, invece, garantita dalla natura bilaterale dei Fondi Interprofessionali che rappresenta, di per sé, una risorsa rilevante e una base solida su cui innescare processi di integrazione con gli altri soggetti che operano nel mercato del lavoro e in particolare dei servizi per il lavoro, non essendoci altra organizzazione stabile in Italia in grado di rappresentare contestualmente l’interesse delle imprese e dei lavoratori.

Questa particolare caratteristica del Sistema Fondi consente agli stessi di poter diventare un interlocutore privilegiato delle Amministrazioni locali impegnate nella gestione delle politiche per l’occupazione per offrire un supporto operativo e strumentale in grado di aumentare sensibilmente le performances attese.

È esattamente su questo terreno che i Fondi interprofessionali potrebbero, attraverso un processo di condivisione con i servizi per il lavoro, offrire e sviluppare un servizio di prossimità con le imprese aderenti  e diventare lo strumento privilegiato per integrare i processi di recruitment e inserimento in azienda dei lavoratori con gli interventi di formazione continua destinati agli stessi.

Lo scenario auspicabile è, dunque, quello di sviluppare un insieme di percorsi virtuosi in grado di arricchire le opportunità pensate dai Fondi per le imprese aderenti e aumentare la loro efficacia nell’ambito di una azione complessiva per lo sviluppo del Capitale Umano in sincronia con gli obiettivi generali delle politiche istituzionali.

Uno scenario in cui anche la formazione continua, per chiudere il cerchio, potrebbe giovarsi di taluni interventi, frutto della partecipazione dei Fondi al dialogo politico sulle politiche del lavoro, come l’implementazione di politiche complementari per sviluppare un ambiente favorevole all’apprendimento: ad esempio, il congedo a scopo formativo, l’erogazione di incentivi finanziari per i lavoratori che partecipano ad attività di formazione e progetti di formazione individuale, dal lato dei destinatari, e le misure di supporto per l’animazione di una domanda di formazione in linea con le proprie visioni di sviluppo futuro, per quanto riguarda le imprese.

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