Al centro delle politiche attive

Il punto di Mefop sulla situazione della bilateralità in Italia, tema fondamentale per capire come si svilupperanno nei prossimi anni le politiche attive del lavoro nel nostro Paese e come gli Enti Bilaterali riusciranno ad affrontarle.

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stretta di mano tra lavoratore e datore di lavoro

di Giovanni Galvan |

Gli Enti Bilaterali sono organismi paritetici in cui la rappresentanza delle parti datoriali e quella delle parti sindacali dei lavoratori sono appunto alla pari.

Questi Enti possono essere di natura contrattuale, ovvero previsti dal Ccnl firmato dalle parti sociali costituenti, oppure possono nascere da specifiche normative sulle politiche attive del lavoro che prevedano la costituzione di enti di natura bilaterale costituiti dalle parti sociali.

Mefop definisce enti “tipizzati” tutti quelli che in qualche modo rientrano nella seconda fattispecie (ad esempio i Fondi Interprofessionali) o che derivino sì dal Ccnl ma con un ruolo specifico aderente alla normativa nazionale (ad esempio i Fondi Sanità Integrativa). Tra gli Enti Bilaterali “non tipizzati” ci sono quelli previsti dai Ccnl per i ruoli di concertazione, certificazione o assistenza contrattuale, per intenderci quelli previsti dalla Legge Biagi, al di fuori dell’erogazione di servizi. Riassumendo possiamo quindi annoverare come  Enti  Bilaterali “non tipizzati”, i Fondi Interprofessionali per la Formazione Continua, gli Enti Bilaterali per la Previdenza Complementare, gli Enti Bilaterali Sanitari Integrativi, i Fondi di Solidarietà per il Sostegno del Reddito.

Inoltre, il quadro della bilateralità italiana è molto complesso; basti dire che su circa 800 Ccnl registrati presso il Cnel, solo 300 sono firmati dalla parte sindacale Cgil/Cisl/Uil, e che esistono normalmente  uno o  più  Enti  Bilaterali  (“tipizzati” o no) previsti da ciascun Ccnl (oltre a molti altri “tipizzati” previsti dalla norma o dalle stesse parti sociali) al di fuori dei contratti stessi.

Come molti sanno, in questi anni è vivace la polemica sulla rappresentanza, che coinvolge ovviamente anche tante parti sociali che hanno costituito molti degli Enti Bilaterali operanti su questo “quasi mercato”. Il problema non è di facile soluzione e un intervento legislativo in merito è atteso da molti ma temuto da tutti. C’è infatti il rischio da un lato di gravi violazioni dei diritti costituzionali dei lavoratori relativi alla libertà di associazione, ma dall’altro di incentivare una giungla di trattamenti al ribasso.

Resta poi il fatto che ancora milioni di lavoratori sono fuori dai diritti e dai servizi garantiti dalla bilateralità, in quanto i loro datori di lavoro, pur aderendo a un Ccnl che prevede i relativi versamenti, non sono in regola con questi ultimi. Purtroppo su questo tema lo Stato (tramite l’Inps) è assente, e non effettua i relativi controlli (e sanzioni) sulla mancata riscossione.

Cos’è Mefop e cosa fa per la bilateralità?

Vediamo meglio il ruolo di Mefop, società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione, in questa partita. La società è stata fondata nel 1999 dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ne detiene la maggioranza assoluta delle azioni. Al suo interno vede la partecipazione a diverso titolo di un ampio panorama di fondi pensione, casse di previdenza, fondi sanitari e soggetti di mercato (società di gestione del risparmio, banche depositarie, compagnie di assicurazione, società di servizi).

La società, al fine di favorire lo sviluppo delle forme di welfare, ha per oggetto sociale l’attività di formazione, studio, assistenza e promozione in materie attinenti alla previdenza complementare e a settori affini. Mefop è quindi stata creata con l’obiettivo di studiare, interpretare e comunicare la cultura del welfare.

L’attività originaria di Mefop, oggi, si è ampliata tanto da ricomprendere a livello istituzionale anche realtà diverse dai fondi pensione e al più generale mondo del welfare bilaterale. Il ruolo assunto dagli enti bilaterali, sia tipizzati che non, nella copertura dei bisogni di welfare dei lavoratori, ha portato Mefop ad ampliare il suo spettro di indagine, attraverso una visione integrata di tutto il welfare contrattuale. Da questa analisi, focalizzata in primis sulla sanità integrativa e poi estesa anche agli altri enti bilaterali, è emersa l’esigenza di avviare un Osservatorio sulla bilateralità.

Conoscere gli Enti è infatti strumentale a rintracciarne requisiti e caratteristiche e, in chiave prospettica, a rintracciare le aree di forza e criticità su cui il legislatore potrebbe essere chiamato a intervenire a più livelli. Questo studio diventa inoltre strategico per le stesse parti sociali che sempre di più sono chiamate a operare la “regia” di sistemi complessi in cui ruotano diversi bisogni e diversi strumenti. Questa esigenza di approfondimento è stata condivisa da Mefop con le parti sociali e con il Cnel e ha portato a programmare una serie di attività istituzionali (si veda il riquadro).

Il dibattito sulla bilateralità

Lo scorso ottobre a Roma presso l’Università Luiss, si è tenuto il seminario di chiusura del corso Bi-Welf organizzato da Mefop sui temi della bilateralità, indirizzato agli operatori del settore. In apertura del convegno, Damiana Mastantuono di Mefop ha sottolineato come l’ampio settore degli Enti bilaterali necessiti di una autoregolamentazione, che li trovi preparati agli interventi da parte del legislatore.

Infatti, come purtroppo l’esperienza insegna, gli interventi normativi sulle politiche attive del lavoro, specie sugli aspetti amministrativi, tendono a rendere solo inutilmente più complessi dei processi che necessitano certamente di maggiore trasparenza, ma anche di essere mantenuti snelli ed efficaci. Michele Faioli, moderatore della giornata, ha individuato alcuni punti critici dello stato attuale della normativa sulla bilateralità:

  • | La debolezza delle istituzioni: di fatto gli Enti Bilaterali si configurano giuridicamente come Associazioni, non essendo previsto uno status specifico.
  • | Responsabilità e immunità: gli amministratori di queste “Associazioni” rispondono personalmente con il proprio ptrimonio.
  • La proliferazione di Enti Bilaterali contrattuali e non contrattuali.Questi fattori spingono, secondo Faioli, verso la necessità di un “bollino blu” per certificare la serietà degli Enti Bilaterali. In tal senso è stato attivato da Cnel e Mefop un “hub” nazionale dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro che possa rappresentare una guida per i lavoratori e le imprese anche rispetto alle contribuzioni verso gli Enti.

Al convegno sono poi intervenuti Francesca Perugini della Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali di Inps, che ha illustrato la disciplina dei Fondi di solidarietà bilaterali, e Raffaele Ieva, dirigente di Anpal che, in linea con quanto indicato da Faioli, ha sottolineato come la legislazione sia oggi carente e quanti problemi abbia creato la proliferazione dei Fondi Interprofessionali, che tra l’altro ostacola proprio i processi di autoregolamentazione.

Datoriali e sindacati a confronto sulla bilateralità

Per le parti datoriali erano presenti: Stefano Bottino di Abi, che ha ricordato come la bilateralità nel settore bancario è molto precedente all’attuale legislazione, in un’ottica di long time care, anche tramite fondi di gestione immobiliare; Guido Lazzarelli di Confcommercio, che ha sottolineato come ci sia una grande evasione di contribuzione agli Enti bilaterali, anche se il versamento sarebbe obbligatorio, e che l’Inps non fa la riscossione coattiva. Lazzarelli ha concordato su un codice di autoregolamentazione e sul fatto che l’origine della bilateralità è comunque il Ccnl, e che è necessario attivare controlli sulla gestione amministrativa nonché stabilire una soglia minima dimensionale per gli Enti a seconda degli aderenti al contratto; Elvira Massimiano di Confesercenti, che ha confermato come l’attivazione di un codice di autoregolamentazione sia in corso e che i servizi sanitari e assistenziali bilaterali necessitano di una dimensione territoriale e non solo nazionale; Massimo Marchetti di Confindustria, che ha evidenziato alcune incongruenze nella compartimentazione dei settori; Maurizio De Carli di Cna, che ha evidenziato l’importanza del Ccnl per individuare l’appartenenza di una certa impresa a una certa bilateralità.

Il panel sindacale era invece composto da: Delia Nardone di Cgil, che ha parlato del rischio della concorrenza di Enti Bilaterali “commerciali” e ha invocato un intervento normativo sulla rappresentanza; Mario Cardoni di Federmanager, che ha invocato una gestione “manageriale” degli Enti Bi- laterali, concordando con la diffidenza verso un intervento legislativo “dall’alto”; Annamaria Trovò di Cisl, che si è trovata in disaccordo sulla distinzione tra Enti Bilaterali tipizzati e non, e ha espresso preoccupazione per la mancata adesione di milioni di lavoratori al sistema bilaterale, ai suoi servizi e alla sua rappresentanza; Paolo Carcassi di Uil, che ha affermato che il dibattito sulla bilateralità non può essere episodico e che Mefop deve rappresentare un tavolo per la discussione. Carcassi ha portato anche l’attenzione sulla rappresentanza, contro i sindacati cosiddetti “gialli”, mentre ha definito dannosa la visione pubblicistica delle risorse.

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