Quanto è difficile essere autonomi!

L’Italia è prima in Europa per numero di lavoratori autonomi,  ma negli ultimi 10 anni la propensione a “mettersi in proprio” è diminuita del 5%, anche per l’assenza di interventi a sostegno. È quanto emerge da un’analisi di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.

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uomo pensieroso con confusione in testa

di Cleopatra Gatti |

Con oltre 5 milioni di lavoratori autonomi, l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di occupati in proprio. L’incidenza sul totale degli occupati è la più alta anche tra i giovani: su poco più di 4 milioni di occupati tra i 25 e i 34 anni, il 16,3% svolge un lavoro autonomo contro una media UE del 9,4%. È quanto emerge dalla recente analisi della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Il lavoro autonomo in Italia, un confronto con l’Europa”.

Qualificati e sempre più istruiti

Si tratta di una platea di lavoratori che è mediamente più istruita dei dipendenti, soprattutto tra i più giovani (il 37% degli autonomi è laureato rispetto al 27% dei dipendenti), e che è molto presente nel settore terziario, motore dell’economia del Paese. Ma non solo. Dallo studio emerge anche che circa la metà degli occupati indipendenti in Italia sono collocati al vertice della piramide professionale: il 12% sono manager o titolari di aziende, il 20% professionisti ad alta qualificazione e il 17% figure tecniche. Eppure la propensione a mettersi in proprio si riduce sempre di più.

Fra il 2009 e il 2018, complici il calo demografico e le maggiori difficoltà di accesso al mercato del lavoro, gli autonomi sono diminuiti del 5%. Le conseguenze sulla tenuta del sistema economico sono facilmente prevedibili se si considera che ad oggi professionisti, imprenditori, artigiani, ma anche consulenti e freelance, rider e lavoratori della gig economy, costituiscono un universo ampio e estremamente articolato che contribuisce al 21% dell’occupazione del nostro Paese (a fronte di una media europea del 14,3%).

Essere autonomi in Italia

Eppure continuano a mancare interventi sufficienti a sostegno dei tanti lavoratori autonomi italiani. Da ultimo il disegno di legge di Bilancio 2020 che sembra dimenticare l’apporto che il lavoro autonomo fornisce allo sviluppo del Paese. Nonostante ciò in tanti decidono di “mettersi in proprio”. Alla base di questa decisione, nel 39% dei casi, c’è l’“opportunità di fare business”, mentre nel 24,2% c’è la volontà di mantenere “in vita” l’attività di famiglia.

Ma essere lavoratori autonomi è un’impresa non priva di ostacoli, in Italia più che altrove: 9 autonomi su 10 lamentano la presenza di notevoli difficoltà nello svolgimento del proprio lavoro: una condizione che in Europa interessa il 71% della platea. In testa alle criticità degli italiani spicca il carico burocratico (il 25% degli autonomi contro il 13% della media europea), seguito dall’instabilità degli incarichi e dei committenti (il 21% contro il 12% della media europea dichiara di dover affrontare periodi di non lavoro, perché senza progetti o clienti) e dal ritardo dei pagamenti (il 20% contro l’11%). Pesano, infine, anche la difficoltà di accesso ai finanziamenti, l’impossibilità di incidere sui prezzi di servizi e prodotti e la mancanza di coperture in caso di malattia o infortunio.

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