Stati mentali e anagrafici

I Perennials sono una risorsa fondamentale nel mondo del lavoro: individuarli e coinvolgerli nei progetti di miglioramento relazionale intra-generazionale non potrà che tornare utile e positivo alle aziende.

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immagine che mostra la differenza la categoria di millenials e boomers

di Francesca Praga

Essere Perennial è uno stato mentale, di cui in troppi dichiarano la paternità inventiva del termine e ne parlano come se fosse una categoria ben definita. Invece no. I Perennials stanno invadendo le aziende e i mercati. Sono quelli – ormai visibili, tanto il loro numero continua ad aumentare in modo esponenziale – i cui comportamenti, e le esigenze, non coincidono con l’età anagrafica. Loro stessi rifiutano di sentirsi parte di un periodo storico, e noi facciamo fatica a catalogarli tra i millennial o i boomer o altre generazioni ben descritte.

I Perennials, tentando di dar loro una collocazione, sono persone di età indefinibile che sanno cosa succede nel mondo, seguono attivamente le evoluzioni della tecnologia, sono attente al proprio miglioramento continuo attraverso formazione personalizzata e auto-critica. Parliamo di persone che amano la tecnologia, frequentano gli ambienti social e culturali, acquistano on-line, proiettano le proprie vite nel futuro, si prendono cura della propria salute e dell’ambiente.

Differenze comunicative

Questi rappresentanti di una generazione non catalogata si mescolano alle altre molte generazioni che ormai convivono nella stessa azienda creando un’ulteriore differenza comunicativa. Un bene? Un nuovo problema? O forse proprio il collante che mancava?

Mentre le generazioni più recenti (Z Gen, ovvero i nati nel periodo 1995/2010 e Millennials, quelli nati tra 1980/1994) creano scompiglio in azienda per l’imprevedibilità delle loro reazioni a decisioni prese altrove, e gli HR sono i primi a scontrarsi con loro, gli X Gen (1964/1979) e i Boomers (1946/1964) cercano di resistere alla velocità di un cambiamento sempre più pirotecnico, o almeno a non farsi travolgere.

La comunicazione tra le diverse generazioni dovrebbe contenere almeno la consapevolezza di quali strumenti sono considerati prioritari dagli uni e dagli altri. Per dirne qualcuna, i Boomers preferiscono scambiare informazioni di persona e solo in seguito formalizzarle via e-mail; gli Z Gen prediligono il messaggio whatsapp (o la chat) e spiegano solo in un secondo momento; i Millennials e gli X Gen usano prima di tutto le e-mail.

I Perennials sanno invece adattarsi all’interlocutore del momento, guadagnando punti; non privilegiano le proprie abitudini ma considerano prioritari i canali preferenziali altrui. Il gioco è sottile, ma funziona. Queste deduzioni derivano da letture varie di articoli nel web, soprattutto di ricerche di Generation Mover, dove i Perennials non sono (ancora) contemplati.

generations in workplace
Fonte: rielaborazione grafica dati Raconteur via VisualCapistalist 2017/2018

L’imprevedibile fattore motivazionale

Consideriamo ora i fattori motivazionali. Nell’apprezzare l’azienda in cui operano, i Boomers guardano innanzi tutto alle buone relazioni con i superiori e alle coperture sanitarie, gli Z Gen sono più sensibili al riconoscimento economico, ben consapevoli che il posto di lavoro non è per sempre e potrebbe cambiare drasticamente persino il tipo di occupazione. Le generazioni più recenti tendono a privilegiare un proprio progetto di vita che ben includa interessi e passioni personali. Cosa che anche i Perennials cominciano a considerare possibile, e a realizzare, incuranti della loro collocazione in termini di età anagrafica.

Infedeli cronici o fedeli per opportunismo

Qual è il grado di fedeltà di ogni generazione alla stessa azienda? È abbastanza acclarato che le generazioni meno giovani tendono a restare nello stesso contesto lavorativo fino al raggiungimento del momento in cui potranno andare in pensione, rimandando a tal data l’eventuale realizzazione di progetti propri, anche professionali. I più giovani invece inseguono soddisfazione, morale o economica che sia, vanno dove imparano di più, vanno dove si divertono di più. I Perennials tendono a seguire il proprio istinto, pur restando concretamente con i piedi per terra; meno sognatori, più orientati a inseguire nuove opportunità attraverso l’acquisizione di competenze attuali, si impegnano per la propria formazione continua ed eventualmente parallela.

Alcuni suggerimenti

Soltanto dall’analisi di questi pochi elementi, eppure così significativi, è facile estrarre alcuni suggerimenti fondamentali per le aziende, che non solo hanno a che fare con ben distinte generazioni invitate a relazionarsi al meglio, ma in più si interfacciano con rappresentanti generazionali anomali (i Perennials, per l’appunto) che sparigliano le carte e disattendono le regole. Eccone qualcuno:

  • rielaborare gli stili della leadership interna all’azienda, concordare sui nuovi linguaggi, definire e chiarire cambiamenti e novità;
  • riconoscere e condividere gli stereotipi generazionali;
  • gestire in modo diverso le differenti aspettative di crescita professionale e comprenderne a fondo le motivazioni;
  • apprendere e adeguare gli stili comunicativi interni (ed esterni) a seconda delle generazioni con cui si ha a che fare.

I Perennials sono una risorsa fondamentale, individuarli e coinvolgerli nei progetti di miglioramento relazionale intra-generazionale non potrà che tornare utile e positivo.

Fonte: rielaborazione grafica dati Raconteur via VisualCapistalist 2017/2018

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