a cura di Roberto Alfieri |
L’indice sulle attività di Smart Working all’interno degli Archivi Notarili ha messo a fuoco l’apprezzamento per il lavoro da casa, ma anche il calo di produttività dovuto a un assetto normativo, organizzativo e informatico poco compatibile con il lavoro a distanza.
L’indagine ha riguardato il periodo di marzo/giugno 2020 ovvero la fase del lockdown. I risultati della ricerca sono stati incrociati con quelli emersi da un’indagine simile dell’Istituto Europeo di Neurosistemica di Genova. Il confronto ha fatto emergere percezioni dell’esperienza comuni, ma anche diverse, da parte dei due universi indagati. Ad esempio, sia gli addetti agli Archivi Notarili sia gli addetti del settore privato, hanno sottolineato come la modalità principale con cui hanno gestito il lavoro da remoto è stata quella, in assenza di indicazioni precise, dell’autorganizzazione. Ovvero appare chiaro come nel lavoro, sia pubblico che privato, sia ancora bassa la quota del lavoro per obiettivi e infatti entrambi i destinatari della ricerca hanno sottolineato, come richiesta per una migliore organizzazione dello Smart Working, quella di avere l’indicazione di quali obiettivi conseguire.
Le differenze fra i due universi hanno riguardato aspetti di cultura organizzativa, la condizione di lavoro da sola è preponderante fra gli addetti agli Archivi rispetto agli addetti del settore privato. Anche nell’uso delle tecnologie si registrano differenze, l’uso delle conference call, ad esempio, risulta maggiore nel settore privato rispetto agli addetti agli Archivi che tendono a utilizzare prevalentemente Whatsapp. Appare anche inferiore fra gli addetti agli Archivi la percentuale di tempo dedicata alla relazione con il proprio capo rispetto ai privati. In sintesi, gli addetti pubblici appaiono svolgere lo Smart Working in solitudine e con mezzi meno innovativi rispetto al privato che invece utilizza il lavoro di gruppo e tecnologie più avanzate.
La valutazione e la qualità del servizio
Sul piano della valutazione positiva dell’esperienza del lavoro da remoto gli addetti agli Archivi arrivano a più del 70%, e questa valutazione fra le donne sale fino al 85%. Inoltre, nel caso in cui gli addetti abbiano carichi familiari, la percentuale sale fino al 90% mentre quelle senza carichi familiari che la valutano positivamente sono il 12%.
Sempre sul piano del giudizio positivo, si registrano differenze per quel che riguarda le qualifiche professionali degli addetti. Infatti la soddisfazione risulta elevata per le Aree 2a e 3a (paragonabili a quelle impiegatizie del privato) ma scende quando riguarda i Conservatori (i Quadri del privato) e i Dirigenti. La seconda parte dell’indagine ha riguardato le quantità di servizio erogato nel corso del lockdown e la valutazione qualitativa che ne hanno dato gli utenti, in primo luogo i notai. Sul piano della quantità di servizio erogato la flessione va da un minimo del 16% a un massimo del 62%.
Il giudizio qualitativo da parte degli utenti è invece elevato, ovvero nessun caso urgente è stato differito. Questo contrasto fra la flessione della quantità di servizio erogato e la valutazione qualitativa positiva da parte degli utenti è dovuta al fatto che, essendo stata una situazione di emergenza, c’è stata una generale cooperazione e comprensione. Al tempo stesso, il lavoro ordinario, o che era possibile differire, non è stato prevalentemente svolto, o per decisione degli Archivi o perché non è stato richiesto dagli utenti che hanno preferito rinviarlo al post emergenza.
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