In occasione della Giornata mondiale per la sicurezza e la salute sul lavoro, Jobtech, agenzia italiana digitale per il lavoro, ha chiesto ad un campione di italiani in ricerca attiva quale fosse il loro stato psicologico in relazione alla sicurezza sul lavoro e ha rilevato una generale tranquillità: il 38,1% si è detto in primis sereno, anche se oltre 1 italiano su 5 ammette di essere stanco (21,6%). Stressati sono il 16,5% e timorosi il 13,7%.
“Quest’anno la Giornata mondiale per la sicurezza e la salute sul lavoro si concentra sulla necessità di individuare, attraverso il dialogo sociale a livello nazionale, strategie e soluzioni per proteggere lavoratrici e lavoratori e per uscire dalla crisi”, dichiara Angelo Sergio Zamboni, co-founder di Jobtech. “La survey che abbiamo condotto ci racconta un’Italia dove le persone hanno voglia di lavorare e sentono di poter gestire le difficoltà e il rischio a cui la pandemia espone. Crediamo sia necessario imparare da quanto si è appreso nel mondo del lavoro nel corso dell’ultimo anno: le aziende hanno rivoluzionato non solo il modo in cui gestiscono i propri dipendenti, ma anche i processi di recruiting e selezione, parlando con una forza lavoro che sente il bisogno di lavorare ma che, allo stesso tempo, oggi presta una maggiore attenzione al livello di sicurezza e salute assicurato dai datori di lavoro. Siamo convinti che favorire un dialogo costruttivo su questo tema e un incontro efficace tra domanda e offerta di lavoro sia determinante per la ripresa del Paese”.
I risultati del sondaggio
Il sondaggio, condotto su 1.000 persone in ricerca attiva di lavoro, permette di scoprire che la netta maggioranza di chi cerca lavoro pensa che con la pandemia il livello di rischio per la sicurezza e salute dei lavoratori sia aumentato: molto per il 44,6% del campione e un po’ per il 36%. Solo il 15,1% è convinto non ci siano stati cambiamenti. Eppure, nella valutazione di un’opportunità lavorativa, il pericolo di contrarre il coronavirus pesa poco: il 51,8% dichiara di sapere come proteggersi a sufficienza. Addirittura, è disposto ad accettare qualunque lavoro il 13,7% del campione. Di posizione contraria un quarto della popolazione, il 25,2% di chi sta cercando un’occupazione preferirebbe non lavorare in luoghi di lavoro a rischio elevato; esclude del tutto questa eventualità il 9,4%, quasi un italiano su 10.
Nella scelta del posto di lavoro ideale, la possibilità di ricorrere allo smart working, totale o parziale, sembra ben più appetibile della possibilità di essere vaccinato. Sorprende – in un momento storico in cui il vaccino rappresenta l’unico modo per liberarsi dal virus – che per un italiano su due (49,6%) non sia così determinante, per accettare una proposta di lavoro, che l’azienda offra il vaccino ai dipendenti. Lo è, di contro, solo per il 37,4% del campione. Percentuale, questa, ben più bassa di quella relativa al campione che sceglierebbe un determinato posto di lavoro perché dà la possibilità di lavorare in smart working (totalmente o parzialmente): ben il 50,4% delle risposte è affermativo.
Resta tuttavia positivo il giudizio nei confronti di quelle aziende che danno il loro importante contributo all’accelerazione del piano nazionale vaccinale mettendo a disposizione spazi per la somministrazione e grossi contributi economici. Tra le motivazioni più ricorrenti per le aziende, secondo gli italiani intervistati, nell’attuare un piano vaccinale in azienda c’è la volontà di tornare quanto prima ad alti livelli di produttività (secondo il 34,5%), la necessità di evitare che i lavoratori si ammalino (per il 33,1%) e la preoccupazione per la salute dei dipendenti (32,4%).
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