Il mondo post Covid nell’Osservatorio di FondItalia

FondItalia ha commissionato al proprio Osservatorio, composto da università, centri di ricerca e rappresentanti delle parti sociali, un’indagine per analizzare le ripercussioni di digitalizzazione, automazione, Intelligenza Artificiale e robotica sul mondo del lavoro

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Digitalizzazione, automazione, intelligenza artificiale e robotica stanno rimodellando le nostre vite a ritmi travolgenti, ancor più nel periodo difficile del Covid, che ha comportato una rapida accelerazione della rivoluzione tecnologica.

Per analizzare le ripercussioni di queste trasformazioni sul mondo del lavoro FondItalia ha commissionato al proprio Osservatorio, composto da università, centri di ricerca e rappresentanti delle parti sociali, un’indagine di cui si è discusso martedì 27 aprile 2021 nel corso della tavola rotonda online “Le imprese di Fonditalia e le trasformazioni del lavoro” alla quale hanno partecipato esponenti del mondo universitario, della ricerca ed associativo.

Dall’Osservatorio Fonditalia nuove esigenze nell’organizzazione del lavoro

Al centro del dibattito i risultati dello studio condotto dall’Osservatorio presso le imprese aderenti al Fondo Paritetico lnterprofessionale Nazionale per la Formazione Continua appartenenti ai settori del terziario, del turismo e dell’edilizia, una fetta importante delle oltre 131mila imprese aderenti, con il duplice obiettivo di comprendere come i protagonisti del mondo del lavoro stiano vivendo i cambiamenti in atto e le conseguenze nell’ambito della formazione.

“FondItalia è in prima linea per fronteggiare le ricadute dell’emergenza coronavirus – ha dichiarato Francesco Franco, Presidente FondItalia – promuovendo formazione di qualità e facilitazioni per le aziende aderenti. Anche quest’anno abbiamo previsto l’abolizione permanente dell’apporto proprio, ossia il cofinanziamento da parte delle imprese che optino per aiuti di Stato di importanza minore. Abbiamo messo in campo, inoltre, cospicue risorse per favorire la ripresa delle imprese nell’ottica di promuovere l’innovazione attraverso la realizzazione di nuove metodologie organizzative e produttive”.

Il blocco dei licenziamenti ha inasprito le difficoltà per le categorie più fragili, tra cui i giovani e le donne, ed ha protetto maggiormente i contratti a tempo indeterminato, spingendo le aziende a tagliare i costi attraverso il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato, creando una disoccupazione pericolosa, perché lascia a casa senza stipendio chi già guadagnava poco e non aveva alcun risparmio da parte.

Il lavoro è la vittima preferita della pandemia – ha sottolineato in apertura dei lavori Egidio Sangue, Vicepresidente e direttore di Fonditalia – Il principale problema dei lavoratori nell’ultimo anno è stato il difficile accesso alle misure di protezione sociale, ossia agli interventi di sostegno che andrebbero accompagnati da forme di stimolo alla formazione. Non solo misure emergenziali, quindi, ma anche strutturali. Non solo bonus, ma investimenti a lungo termine”.

La fotografia scattata dall’Osservatorio FondItalia illustra proprio la necessità di pensare a nuove forme di organizzazione del lavoro, attraverso un’analisi concreta di cosa accade all’interno delle aziende del terziario, dell’edilizia e del turismo, tra i più colpiti dalla pandemia. Nei tre ambiti si sono manifestate diverse necessità, sia nel rapporto tra lavoratori e imprenditori che tra le diverse regioni italiane.

Nuove tecnologie in aiuto dei settori lavorativi

Le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il terziario, coinvolgendo ampi settori come l’agricoltura, la logistica, i trasporti, la distribuzione, la formazione e il settore assicurativo. Le 41 imprese intervistate, in gran parte micro e piccole imprese, sono rappresentative dell’intero territorio nazionale e, nella maggior parte dei casi, con una età massima di occupati di circa 50 anni, dunque ancora nel pieno dell’attività lavorativa e delle esigenze formative.

Il livello di conoscenza delle lingue, il ruolo dell’innovazione e le competenze che si ritiene possano rivelarsi centrali in un futuro prossimo sono gli snodi principali di un’attività di formazione professionale che presenta molte sacche di inefficienza. Se nell’ambito delle lingue, si evidenzia una scarsa conoscenza dell’inglese, accompagnata da una conoscenza nulla, o quasi, di altre lingue di rilievo nell’economia globale, sul versante dell’innovazione le imprese manifestano un’acquisita consapevolezza riguardo al ruolo centrale delle nuove tecnologie nella loro attività. Tuttavia, a fronte di una maggioranza di aziende orientate ad investire in innovazione nei prossimi tre anni (il 58,6%), una parte cospicua (il 36,6%), si dimostra refrattario ad impegnare in questa direzione le proprie risorse economiche.

Per il 26,8% delle aziende intervistate le nuove tecnologie innoveranno i propri ambiti di attività mentre il 12,2% attribuisce particolare rilevanza alle attrezzature e strumentazioni tecniche di nuova generazione, seguite dai nuovi software e dalla comunicazione digitale. Fanalino di coda il digital marketing e la gestione dei processi aziendali (7,4%), quest’ultimo aspetto è reso più complesso dal diffondersi dello smart-working. Sulla scorta di questa risposta, le aziende hanno indicato le competenze che, a loro avviso, in futuro saranno più importanti per il loro settore. Guida la classifica con il 29,3% la conoscenza delle nuove tecnologie, seguita dalle competenze informatiche (17,1%) mentre la padronanza delle attrezzature di nuova generazione è indicata solo dal 9,8% del campione.

Si avverte la necessità di potenziare la formazione in innovazione e tecnologia mentre attualmente l’offerta formativa di cui usufruiscono le imprese è centrata soprattutto sulla formazione obbligatoria ex-lege. Nella logica di un ampliamento delle competenze dei dipendenti le aziende segnalano la necessità di percorsi formativi nel Digital marketing e di aggiornamento informatico (10,8%), ma anche di corsi dedicati all’industria 4.0” (5,2%), oltre alla gestione del cliente e della privacy (sempre 5,2%).

Il focus rimane sulla formazione

Nuovi materiali da costruzione ecosostenibili insieme all’innovazione tecnologica sono alla base delle profonde trasformazioni del settore edile, analizzato dall’Osservatorio su un campione ristretto di 9 aziende pugliesi ma significative di una tendenza nazionale.

Tutte le imprese riconoscono il ruolo centrale svolto ormai dalle nuove tecnologie per la propria attività che richiede crescenti investimenti per dotarsi di materiali e strumenti innovativi nell’arco dei prossimi tre anni. La grande sfida del settore passa dall’adozione di nuovi materiali da costruzione ecocompatibili che guideranno la ripresa economica post-pandemia. Tra questi gli addetti ai lavori segnalano i materiali fonoassorbenti, a basso impatto ambientale e, in particolare, il calcestruzzo riciclato, il cui valore di mercato, valutato 15,68 miliardi di dollari nel 2017, si stima possa raggiungere i 42,75 miliardi di dollari entro il 2026. A questi componenti se ne potrebbero aggiungere altri che stanno richiamando l’attenzione del settore dell’edilizia, tra cui il cemento rinforzato con fibre di carbonio, che oltre a durare fino a 5-6 volte più del cemento armato, si basa su un composto che può essere prodotto a partire da qualsiasi materiale contenente carbonio, come ad esempio la lignina, un prodotto di scarto generato durante la produzione del legno. Ad essere oggetto di attenzione, per il futuro, sono anche i “supermateriali” come il superlegno, frutto di un trattamento realizzato da un team di ingegneri dell’Università del Maryland College Park che ha una durata paragonabile alle fibre di carbonio, ma la cui realizzazione ha un costo molto inferiore oppure il supermateriale messo a punto dagli scienziati del Massachusetts Institute of Technology i quali, partendo dal grafene, hanno realizzato un composto capace di resistere fino a 10 volte più dell’acciaio, con una densità del solo 5%.

Dal punto di vista formativo, le interviste condotte evidenziano alcuni elementi molto interessanti. Le innovazioni che sta attraversando il settore delle costruzioni confermano la centralità della formazione sulla sicurezza, che dovrà rispondere all’evoluzione della normativa collegata alle trasformazioni che interessano il settore.

“Il campione intervistato – prosegue il Vicepresidente Sangue – mette in luce la necessità di ampliare l’offerta formativa in modo da soddisfare un crescente fabbisogno di competenze in ambito tecnico e della sicurezza. La formazione dovrebbe essere declinata in corsi di aggiornamento sui nuovi materiali ecocompatibili, evidenziando i punti di forza e di debolezza determinati dall’impiego di ciascuno di essi”.

Dalle interviste appare evidente un altro dato: le persone che lavorano in questo settore hanno un’età esperta, in media tra i 40 e i 60 anni. Questo significa che la formazione deve anche tenere conto di una necessaria mediazione linguistica e tecnologica che offra ai lavoratori le migliori soluzioni per aggiornarsi e acquisire le competenze necessarie per stare al passo con la trasformazione tecnologica. Oltre alla sicurezza le aziende intervistate hanno manifestato tutte il bisogno di acquisire nuove competenze amministrative e tecniche. Infatti anche le norme e le procedure amministrative sono in continua evoluzione e richiedono competenze adeguate sia per beneficiare delle agevolazioni fiscali che per essere efficaci nell’innovazione e nella tutela dell’ambiente.

Nell’ambito dei nuovi profili professionali, dalle interviste emerge la necessità di sensibilizzare le imprese su alcune figure di ultima generazione come il consulente per la scelta dei materiali da costruzione adeguati alle esigenze dei progetti all’avanguardia, il responsabile della tecnologia, consigliere delle aziende sulle opportunità offerte dalle nuove tecnologie applicate all’edilizia, e l’esperto di cyber security per la protezione dei sistemi di information technology e la tutela dei dati sensibili dell’azienda.

Cambiamenti permanenti nel settore del turismo?

Particolarmente colpito dalla pandemia il comparto del turismo non aveva segnato un crollo verticale così marcato da oltre 30 anni, tanto che adesso si confida nelle politiche di flessibilità relative a prenotazioni e disdette, nella vaccinazione di massa e nell’adozione di misure sanitarie adeguate da parte delle strutture ricettive e degli operatori.

Nonostante questo quadro a tinte fosche, si osserva un diffuso ottimismo tra gli operatori. Oltre il 76% delle agenzie di viaggio ritiene, infatti, che i flussi turistici supereranno i livelli pre-covid e secondo il 47% di esse, questi saranno indirizzati prevalentemente verso l’Europa.

Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine su un campione rappresentativo delle imprese aderenti al Fondo Paritetico Interprofessionale Nazionale per la Formazione Continua, al quale aderiscono più di 10.000 aziende del turismo (circa l’8% sul totale degli iscritti al Fondo) con oltre 49.000 lavoratori, per la maggior parte provenienti da Puglia, Campania e Lombardia.

Lo studio ha analizzato lo stato dell’arte di due segmenti, particolarmente provati dall’emergenza, come le agenzie di viaggio e il ramo alberghiero.

La stragrande maggioranza delle imprese, nello specifico l’83% delle agenzie di viaggio e il 60,7% delle strutture di alloggio, ritiene che la pandemia determinerà cambiamenti permanenti nella propria attività. Secondo la maggior parte degli intervistati i settori sui quali sarà necessario intervenire saranno la tipologia dei servizi offerti, l’organizzazione del lavoro, il marketing e la comunicazione nonché la sicurezza, soprattutto dal punto di vista sanitario. Emerge comunque una cospicua percentuale di aziende che non sa rispondere, pari al 50% delle agenzie di viaggio e al 53,6% delle strutture di alloggio, dato che mette in evidenza la necessità di predisporre attività di consulenza o di accompagnamento in una fase di transizione così delicata.

Il sostegno alle imprese con FondItalia

“E’ uno scenario in continua evoluzione, in cui è difficile effettuare delle previsioni. Secondo le nostre analisi la ripresa passerà soprattutto dall’innovazione digitale e dalla formazione. Partendo dal dato che in media 7 persone su 10 prenotano viaggi via web, è indubbio che il digitale sia diventato uno strumento importantissimo per intercettare il flusso di viaggiatori internazionali –conclude Egidio Sangue, Vicepresidente FondItalia – In attesa che la vaccinazione di massa porti i suoi frutti e che il settore possa ripartire, anche grazie all’adozione del passaporto vaccinale, la riorganizzazione comporta scelte aziendali adeguate. L’Avviso FEMI 2021.01, partito con una dotazione economica di 6 milioni di euro può rappresentare una grande occasione per accompagnare e sostenere le imprese, con un’adeguata formazione per i lavoratori del comparto turistico, nei processi d’innovazione e trasformazione organizzativa necessari.”

La fotografia dei bisogni formativi delle aziende intervistate mette in evidenza le competenze indispensabili per le figure professionali; tra queste spiccano padronanza delle lingue e delle culture degli altri paesi, esperienza in materia di salute e sicurezza sanitaria e conoscenze informatiche di gestione aziendale. In quest’ultimo ambito c’è ancora molto da fare se si pensa che l’80% delle imprese intervistate ha dichiarato di non utilizzare app o software per il coordinamento del personale né per la traduzione simultanea.

Se il ramo alberghiero ritiene che, tra le figure professionali che acquisiranno maggiori opportunità di inserimento in futuro, figureranno i tecnici informatici, gli esperti di marketing e i manager, per le agenzie di viaggio le maggiori opportunità saranno offerte dallo sviluppo del digitale insieme alla conoscenza del protocollo di accoglienza.

Analizzando il dettaglio dell’offerta formativa di cui beneficiano attualmente le aziende, a guidare la classifica stando all’Osservatorio di Fonditalia è la formazione obbligatoria ex-lege, seguita dal 50% delle imprese del settore alloggio e dal 41,2% delle agenzie di viaggio. Al secondo posto si collocano corsi di formazione in lingue straniere. In entrambi i settori si segnala tuttavia una percentuale di aziende superiore al 17% che non offre alcuna attività formativa ai propri dipendenti.
Dai riferimenti relativi al fabbisogno formativo delle aziende, comparato con i corsi svolti nel 2020, emerge una forte domanda in materia di marketing e comunicazione, informatica, culture straniere, accoglienza, ristorazione, gestione delle emergenze sanitarie e organizzazione aziendale.

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