di Andrea Crocioni |
Il 2021 è un anno molto speciale per Asfor. L’Associazione Italiana per la Formazione Manageriale celebra infatti i cinquant’anni di attività: un traguardo importante per una realtà capace di affermarsi come punto di riferimento per tutto il comparto e di evolversi per continuare a rispondere alle nuove sfide legate al cambiamento epocale che stiamo vivendo. Di questo percorso abbiamo parlato con il Presidente Marco Vergeat, confermato alla guida dell’associazione lo scorso gennaio insieme ai Vice Presidenti Giorgio Colombo ed Elisabetta Salvati.
La sua rielezione rappresenta un segnale di continuità e apprezzamento per il lavoro svolto dall’associazione anche in un anno complesso come il 2020. Come è cambiata Asfor in questi tre anni e quali sono stati i traguardi raggiunti?
Desidero precisare che l’avvio di un processo serio di cambiamento e qualificazione della capacità di iniziativa dell’associazione è iniziato prima di questo ultimo triennio, almeno 5-6 anni prima, e che per realizzare appieno gli obiettivi che ci siamo dati la strada è ancora lunga. Possiamo però dire che nel triennio che si è appena chiuso abbiamo dato una bella accelerata e che pensiamo di essere sulla strada giusta. Ci siamo adoperati per qualificare e ampliare il raggio di influenza dell’associazione per sostenere e sviluppare la cultura manageriale in Italia. Per fare ciò abbiamo perseguito due obiettivi. Il primo è stato quello di rinforzare Asfor come un luogo di analisi, approfondimento e confronto sui temi “caldi” che attraversano la realtà sociale ed economica contemporanea. Temi complessi che devono interrogare e sollecitare la responsabilità, il pensiero e l’azione del management. Ci siamo dati questo obiettivo pensando alle potenzialità della nostra rete, costituita da scuole di management, università, grandi aziende e società di formazione che possono mettere a fattor comune contenuti ed esperienze di eccellenza.
La nostra volontà è di essere sempre più un riferimento per la cultura manageriale, oltre che per la formazione. Un “think tank” capace di coinvolgere e offrire stimoli e occasioni di approfondimento alle imprese attraverso le nostre ricerche, gli eventi, un magazine digitale dedicato alla cultura manageriale. Il secondo obiettivo è l’ulteriore sviluppo e articolazione del nostro sistema di accreditamento, l’aggiornamento continuo dei sistemi, dei processi e dei servizi che sono collegati all’accreditamento. Essi devono accompagnare l’evoluzione della cultura e del ruolo manageriale nonché dei sistemi e dei processi formativi, preservandone e sostenendone la qualità e l’efficacia. Attraverso l’accreditamento le migliori idee si “scaricano a terra” e si trasformano in pratiche virtuose.
Quali sono stati i fattori che vi hanno aiutato a mettere l’associazione su questi “binari” e che la proiettano nel futuro?
Il primo è esserci posti degli obiettivi ambiziosi, ma coerenti con la qualità generale e le qualità e caratteristiche degli associati Asfor, ma è stato importante anche dare voce, con più forza, a una scelta valoriale. Sentire di avere una responsabilità, come sistema e rete Asfor, nel contribuire alla formazione di una classe dirigente in grado di dare un futuro migliore al Paese.
Questo ha significato assumere una prospettiva critica e scegliere. Ha voluto dire riflettere, discutere e condividere una posizione di fronte ai grandi problemi che investono la società, le imprese, le persone: le crisi economiche che periodicamente ci investono e fanno grandi danni, gli effetti della trasformazione digitale sul lavoro e l’occupazione, il declino demografico, l’istruzione, la salute, la qualità della PA e il rapporto pubblico privato, le prospettive per i giovani, l’ambiente, il clima e molto altro. La formazione manageriale non può occuparsi solo di competenze e strumenti, se non legandoli saldamente ai valori e quindi agli scopi, ai fini che l’azione manageriale può perseguire. Se non puntando a sviluppare leader responsabili, motivati e capaci di dare un proprio contributo, nei propri contesti, per migliorare il mondo.
Abbiamo tentato di convergere nella direzione di un cambiamento positivo, di schierarci in favore delle pratiche virtuose che sono presenti nel settore e nel contempo di trattare in modo critico approcci che sono figli di modelli culturali, economici e manageriali non sostenibili. In concreto ciò ci ha portato a riflettere e a valorizzare le idee e le pratiche sostenibili nella gestione delle imprese, proprie di un capitalismo responsabile e non predatorio. Questa impostazione ci ha consentito di incontrare compagni di viaggio di qualità, già impegnati nel perseguire obiettivi di cambiamento culturale: ricercatori sociali, economisti, esperti di management, filosofi, psicologi, formatori, scienziati, imprenditori ecc. C’è poi un terzo fattore che è stato fondamentale: l’attivarsi responsabile e sentito degli associati. Non posso che prendere atto di un vero salto di qualità a livello di partecipazione, propositività e iniziativa, di una crescita dell’engagement, che ha consentito di garantire un lavoro di squadra corale ed efficace. A questo aggiungo la sinergia con Apaform, con cui abbiamo condiviso tante delle nostre iniziative.
Con FormaFuturi avete guardato oltre l’ambito della formazione manageriale, spinti dal desiderio di ispirare e ispirarsi. Questa scelta racconta anche l’evoluzione che vi immaginate per Asfor?
Certamente. La linea editoriale del magazine risponde proprio agli intenti a cui facevo cenno prima. Non si può pensare di essere rilevanti senza avere un’idea di futuro, senza avere un’idea del mondo che ci piacerebbe costruire. Siamo convinti che sia nostra responsabilità fornire un contributo, piccolo o grande che sia, per migliorare la società e l’ambiente in cui viviamo e in cui vivranno i nostri figli e le generazioni a venire. Questo significa schierarsi in favore di quelle scelte che vanno nella direzione di una società più equa, più giusta, più sostenibile e, in concreto, da un lato far emergere e suscitare approvazione sociale verso i modelli e le pratiche virtuose, dall’altro mettere in guardia dagli esempi negativi. Per fare questo diventa essenziale proseguire l’attività di coinvolgimento e confronto con il mondo accademico e la comunità scientifica, ma anche attivare e coinvolgere i soggetti di eccellenza del settore pubblico e privato, allargare la presenza delle imprese tra i nostri associati.
Allo stesso tempo, in quest’ottica, dobbiamo pensare anche a un sistema di alleanze con altre realtà associative con cui c’è comunanza di valori e obiettivi. Mettersi in connessione oggi è imprescindibile, non si può pensare di fare tutto da soli. Un altro obiettivo fondamentale per noi è giungere a un riconoscimento della formazione manageriale come comparto specifico. Questo significa consolidare il rapporto con le istituzioni. Attraverso progettualità e capacità di iniziativa, il sistema associativo Asfor deve puntare al pieno riconoscimento sostanziale e formale del comparto della formazione manageriale come leva di sviluppo e cambiamento socioeconomico del Paese.
Il 2020 è stato l’anno del Manifesto sulla Formazione Manageriale. Quale direzione deve imboccare il settore per portare a una società più consapevole, giusta e sostenibile?
Di formazione e apprendimento parlano tutti. Il Manifesto aiuta a definire gli scopi e le caratteristiche di una formazione di qualità, efficace nel generare risultati e in grado di rafforzare e far evolvere la cultura manageriale della classe dirigente del nostro Paese. In questo contesto di trasformazione e cambiamento, la funzione manageriale ha una responsabilità primaria nel ridefinire i modelli organizzativi e di business e nel prendere decisioni che garantiscano la sostenibilità delle istituzioni pubbliche e private.
Una formazione di qualità non può non interrogarsi sul futuro, sul tipo di società che vuole contribuire a costruire. Tutto questo nella consapevolezza che competenze e valori devono andare a braccetto. È vero che i valori sono sostenuti e rafforzati dalle competenze, solo così divengono pratiche reali, ma è altrettanto vero che le competenze hanno bisogno dei valori per essere orientate verso scopi che rappresentino e custodiscano il bene comune.