Sembra un videogioco ma salva la vita

La realtà virtuale applicata alla sicurezza. Con un apposito software, visore, controller e sensori è possibile riprodurre condizioni di lavoro estreme e verificare le scelte compiute dall’operatore. Una partnership vincente tra Arbra Formazione e STI.

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realtà virtuale

di Mauro Faverzani |

Come in un videogioco. Tutto così reale da sembrare vero. Ma il fatto che vero non sia, può salvare la vita.

La Realtà Virtuale è una realtà simulata che permette a chi utilizza dei dispositivi informatici (guanti, visori ed auricolari) di immergersi in un ambiente tridimensionale e di interagire con lo stesso. Da anni la Realtà Virtuale ha preso piede nel mondo aziendale ed è sempre in continua evoluzione. Proprio grazie a questo, al graduale miglioramento degli strumenti funzionali all’implementazione della Realtà Virtuale, oggi è possibile trovare innumerevoli campi di applicazione, non ultimo la formazione in materia di sicurezza. Ed è questo a rappresentare il plus offerto da Arbra Formazione in partnership con STI-Servizi Tecnologici Industriali, società che propone moduli di esercitazione in realtà virtuale. Di cosa si tratta? Di integrare i corsi teorici obbligatori sulla sicurezza, svolti frontalmente in aula, con test di apprendimento, che simulino la pratica. Ciò in due campi principalmente: quello dei lavori in quota e del lavoro in spazi confinati, ovvero tutti quei contesti angusti, in cui vi sia rischio chimico, di esplosione, di asfissia, come serbatoi, silos, vasche, sia che siano interrati o esterni. Sono questi, purtroppo, gli ambiti, in cui prevalenti sono gli infortuni anche letali o con conseguenze gravissime in ambito lavorativo.

La realtà aumentata nel contesto professionale

“Ci occupiamo sin dal nostro sorgere, nel 1989, di sicurezza sul lavoro”, spiega Gianni Guarneri, legale rappresentante della STI. “Ai tempi non esisteva ancora la legge 626, poi confluita nell’attuale decreto legislativo 81 del 2008; v’erano norme statiche risalenti al 1955, a regolare la conformità di macchine, impianti, attrezzature e locali, altro non c’era. L’evolversi delle normative vigenti ha consentito al nostro lavoro di svilupparsi in varie forme”. Come? Con la realtà aumentata, ad esempio.

Gianni Guarnieri
Gianni Guarneri è legale rappresentante di STI

La genialità di questa proposta fatta dalla STI, tra le prime società in Italia, sta proprio nella possibilità di far interagire l’operatore con un determinato contesto professionale, non solo mostrandoglielo, bensì simulando alcune condizioni operative, in cui potrebbe trovarsi poi nella realtà: “Ad esempio, in caso di lavoro in quota abbiamo differenziato le altezze, una da 4 metri e l’altra da 40”, spiega Guarneri. “Solitamente, si pensa, più si è in alto, più è pericoloso. In questo caso non è propriamente così. Innanzi tutto, da 4 metri ci si abitua ad affrontare l’altezza con maggiore confidenza e disinvoltura, senza troppe preoccupazioni. Inoltre, dove non vi sia possibilità di proteggersi con parapetti, che sono la soluzione preferita anche dalla normativa, si lavora con dispositivi di protezione individuale di terza categoria”. Nella realtà virtuale il software, grazie ad appositi sensori, consente di disegnare il contesto e di scorgere i limiti di movimento. Compaiono reti o pareti, oltre i quali non si può andare.

L’operatore deve innanzi tutto scegliere, ad esempio, da che altezza agire, se da 4 o da 40 metri. Con i controller e il visore, riesce a spostarsi in questo spazio delimitato. Ora deve decidere quali dispositivi utilizzare, per trattenere e limitare eventualmente la caduta: imbragatura, dissipatore, collegamento e ancoraggio, proposti in diverse tipologie. A quel punto, nella simulazione, si provoca inaspettatamente una condizione che porta l’operatore vicino al bordo e a perdere l’equilibrio. L’operatore percepisce di precipitare nel vuoto e “si spaventa, specie le prime volte in cui sperimenta la realtà virtuale. Se rimane appeso, senza toccare terra e senza andare a sbattere contro ostacoli, significa che le sue scelte sono state corrette. Diversamente sbatte”, anche qui con elementi non privi di realismo.

Quale lo scopo? “Ho associato lo spavento all’apprendimento, per evitare che in futuro l’errore possa ripetersi”, spiega Guarneri. “La confidenza sul lavoro è una delle fonti principali di errore. Io mi sento spesso dire: l’abbiamo sempre fatto così”. Ma l’abitudine non è un buon argomento in termini di sicurezza. L’assuefazione al rischio è uno dei principi del risk management: si perde la percezione del pericolo ed è il momento in cui più frequentemente succede il disastro. Meglio compiere tale esperienza nella realtà virtuale che nella vita reale. Anche perché, grazie ad essa, vi sono stati riscontri positivi, si sono registrati oggettivi miglioramenti nell’apprendimento, come conferma Guarneri: “Sì, soprattutto i più anziani, lavorativamente parlando, una volta commesso l’errore, han dichiarato di non avere mai pensato alle possibili conseguenze derivanti da determinati atteggiamenti. E hanno apprezzato il fatto che la realtà virtuale consenta di chiarire i dubbi”. La differenza è sostanziale, perché “con tale modalità, se uno sbaglia impara e non si ammazza”. La realtà, invece, una seconda chance, non la consentirebbe.

Germana Scaglioni, direttrice della società Arbra Formazione: “Si parla di realtà aumentata quando si dota la persona di strumenti che sono in grado di aggiungere informazioni a quello che si percepisce con i propri sensi, elementi determinanti quando si parla di formazione in ambito sicurezza, soprattutto nelle pratiche lavorative più rischiose. La nostra agenzia formativa ha sempre investito nella ricerca di nuove tecnologie legate alla formazione e la partnership con STI ci permette di effettuare un ulteriore balzo in avanti. A onor del vero, la realtà virtuale non è una novità in campo della formazione, molte grandi aziende petrolchimiche italiane già ne fanno uso nei loro centri formativi interni, la novità sta nel rendere accessibile questa pratica anche agli operatori delle Pmi”. Il focus di questa nuova interazione con il mondo della formazione è dunque quello di offrire un potenziale per un’esperienza estremamente coinvolgente e immersiva che rappresenta una reale opportunità per la tutela dei lavoratori.

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